BNS ha fatto bene a togliere soglia minima franco, ex vice Danthine
(Keystone-ATS) “Dovevamo farlo e abbiamo avuto ragione”: tre anni dopo la rinuncia da parte della Banca nazionale svizzera (BNS) alla soglia minima di cambio tra franco ed euro, il suo ex vicepresidente Jean-Pierre Danthine è convinto che è stata una buona decisione.
“Bisogna precisare: tre anni dopo l’abbandono della soglia minima e sette anni dopo la sua istituzione”, puntualizza l’economista svizzero-belga in una intervista pubblicata oggi dal quotidiano economico romando “L’Agefi”: “È un tutt’uno che va preso nel suo insieme. E sì in effetti il bilancio è positivo”.
Si giustificava impedire l’apprezzamento del franco nel 2011, prosegue. “Abbiamo tenuto per quattro anni. E il 15 gennaio 2015 abbiamo mollato in un momento in cui le prospettive erano sufficientemente buone perché si abbandonasse una misura che doveva restare straordinaria”, afferma l’ex membro della direzione dell’istituto di emissione, di cui è stato vicepresidente dall’aprile 2012 al luglio 2015.
“Abbiamo oggi la conferma che era una decisione giustificata. Non gradevole a prendersi, ma giustificata: l’economia svizzera l’ha ben sopportata, la disoccupazione tornerà sotto il livello del 2015, le prospettive di crescita sono buone e abbiamo messo tra parentesi un periodo di estrema pressione sul franco”, argomenta il 67enne vodese nato in Belgio, che dal settembre 2015 presiede il consiglio d’amministrazione della PSE-Ecole d’économie di Parigi.
Danthine rileva ancora “l’incredibile agilità delle imprese svizzere”: “una volta di più, hanno dimostrato una resistenza e una capacità di adattamento impressionante”. Egli ribadisce di non aver mai dubitato una sola volta della decisione presa nel gennaio di tre anni fa: “Non immaginate quante ore di riflessione e di analisi precedono una decisione di questo genere”. Sebbene i tre membri della direzione della BNS si assumano collegialmente la responsabilità – spiega – le valutazioni generali che la precedono si fanno con 60 persone in sala.
“Se un giorno, con il pretesto di perdite rilevanti, i politici si lasciano prendere dal panico e decidono al posto della BNS, potrebbe diventare molto costoso per la nazione”, sostiene l’ex vicepresidente.