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Clima: “El Nino” mette ko cono sud dell’America latina

(Keystone-ATS) “Preghiamo nell’acqua affinché qualcuno s’accorga della gravità della situazione”.

Daniel Patelin, sacerdote della località argentina di Concordia, ripete da giorni questo messaggio mettendo così il dito nella piaga delle inondazioni, che hanno colpito non solo il paese del Papa ma anche Paraguay, Uruguay e una parte del Brasile.

Patelin è alla guida della parrocchia di “Lourdes”, definita da qualche media locale la “chiesa degli inondati”. E proprio Concordia è al centro dell’emergenza provocata dal devastante fenomeno meteo “El Nino”, a causa dello straripamento del fiume Uruguay, che qualche giorno fa ha messo in allarme il governo argentino. Il presidente Mauricio Macri ha interrotto le vacanze in Patagonia ed è volato nelle località della provincia di Entre Rios, tra le quali Concordia, colpite dal “Nino”. Nell’area sono in totale circa 20 mila gli sfollati.

Situazione simile anche a Montevideo, capitale dell’Uruguay, dove l’anno si è chiuso tra le allerte meteo. “Sono previste piogge, attività elettrica, vento, probabilmente grandine”, affermava per esempio “un allarme giallo” diffuso mercoledì: panorama non allettante se si pensa che in queste latitudini è piena estate e la gente vuole andare al mare senza pensare ai bollettini meteo.

Intanto, i media hanno reso noto il numero delle persone sfollate – circa 24 mila – per le inondazioni: per l’Uruguay, le peggiori dal 1959, a seguito dello straripamento dell’omonimo fiume.

Situazione critica anche in Paraguay. In circa 160 mila hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni, la metà delle quali ad Asuncion, dove le acque del “rio Paraguay” hanno raggiunto 7,82 metri, avvicinandosi al livello di guardia degli 8 metri.

E le previsioni per i prossimi mesi? Secondo il Ciifen, centro studi specializzato proprio nel “Nino” con sede a Quito, il Nord dell’Argentina, il SudEst del Brasile, Paraguay e Uruguay, la zona costiera dell’Ecuador, oltre ad alcune aree del Messico, dovranno affrontare piogge al di sopra della media fino alla fine di gennaio. Quello di quest’anno è in altre parole uno dei “Ninos” più potenti dell’ultimo mezzo secolo, alla pari con quanto successo nel 1997-1998 e nel 1982-1983. Il fenomeno, precisa il Ciifen, si smorzerà gradualmente nel corso della prima metà del 2016.

È quindi il “Nino” il grande colpevole di quest’estate folle e drammatica? Sì, ma non l’unico. Esperti e Ong puntano il dito sulla deforestazione selvaggia fatta in Argentina, ma anche in Paraguay e nel sud del Brasile, per lasciare spazio alle coltivazione della soia, la “star” tra le materie prime agricole latinoamericane di questi anni. La quale rende però il terreno più roccioso e quindi più insensibile alle filtrazioni d’acqua.

E ovviamente il “Nino” non conosce frontiere: negli Usa le tempeste e i tornado sono diventati più frequenti e finora hanno provocato la morte di più di 40 persone negli stati del New Mexico Texas, Oklahoma, Missouri e Illinois.

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