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Discriminazione razziale: Addor si rivolge alla CEDU

Il consigliere nazionale Jean-Luc Addor (UDC/VS). KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Condannato per discriminazione razziale dal Tribunale federale (TF), il consigliere nazionale Jean-Luc Addor (UDC/VS) ha deciso di inoltrare ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

Il parlamentare vallesano ritiene che la sua libertà di espressione sia stata violata.

I fatti per i quali Addor è finito nei guai con la giustizia risalgono al 22 agosto 2014, giorno in cui era avvenuta una sparatoria mortale nella moschea di San Gallo. Il politico aveva infatti commentato nel giro di pochi minuti sulle reti sociali l’episodio, costato la vita a uno svizzero di origine kosovara.

Addor, all’epoca deputato nel Gran Consiglio vallesano, aveva scritto su Twitter e Facebook “On en redemande” (“Ne vogliamo ancora!”). Nel maggio 2017, il Tribunale distrettuale di Sion lo ha ritenuto colpevole di aver infranto la norma penale contro la discriminazione razziale. Sentenza poi confermata sia dal Tribunale cantonale nell’aprile 2020 che dal TF lo scorso novembre.

Addor, condannato a pagare una pena pecuniaria con la condizionale (60 aliquote giornaliere di 300 franchi l’una, sospese per due anni, e 3000 franchi di multa) più le spese processuali, ha indicato oggi a Keystone-ATS, alla scadenza del termine stabilito, che intende rivolgersi alla CEDU. Il deputato a Berna aveva fin da subito ventilato la possibilità di coinvolgere i giudici di Strasburgo.

“Nel mio ricorso invoco principalmente la libertà d’espressione”, ha detto Addor, menzionando la sentenza Perincek come un caso in cui la CEDU ha dato ragione all’interessato (un politico turco) ritenendo che tale suo diritto fosse stato violato. “Sono un avvocato e il mio dovere è di sfruttare ogni strada a disposizione. Utilizzo tutti i mezzi legali per difendermi, è la mia filosofia”, ha aggiunto il consigliere nazionale UDC.

Il TF aveva evidenziato che, “per un lettore non informato”, chiedendo la ripetizione dei fatti Addor aveva invitato “a rallegrarsi per il tragico evento nella moschea”. E il solo fatto di esultare per il danno che colpisce qualcuno implica già un incitamento all’odio. “Quando questo giubilo è espressamente diretto contro persone che praticano una religione – cosa chiaramente riconoscibile in questo caso, date le circostanze – questo corrisponde al reato di discriminazione e incitamento all’odio”, avevano precisato i giudici di Mon Repos.

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