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Sessione invernale del Parlamento, quali temi riguarderanno la Quinta Svizzera?

Parlamentari a Palazzo federale
I neoeletti e le neoelette visitano il loro futuro posto di lavoro. La nuova legislatura in Svizzera inizia il 4 dicembre con la sessione invernale. © Keystone / Peter Klaunzer

La sessione invernale propone una serie di argomenti che riguardano direttamente gli svizzeri e le svizzere all'estero. Si parlerà, ad esempio, di diritto di successione in Europa. E le discussioni si faranno accese in ambito di politica estera.

Si tratta di un ulteriore adattamento della Confederazione al diritto dell’Unione europea, ma il diavolo si nasconde nei dettagli. Per molti svizzeri e svizzere all’estero la modifica della nuova Legge federale sul diritto internazionale privato avrà conseguenze positive. Beneficeranno, infatti, di una maggiore chiarezza nei casi di eredità transfrontaliera.

Un esempio potrebbe essere quello di una cittadina svizzera che decede in Francia, dove abitava. Se possedeva beni in entrambi i Paesi, con la legislazione attuale le cose si farebbero piuttosto complicate. Potrebbe infatti accadere che il suo testamento segua la legge svizzera, ma che al tempo stesso le autorità francesi si ritengano titolari. Nel peggiore dei casi, sull’eredità in questione potrebbero quindi essere emesse due decisioni da due autorità distinte che si contraddicono a vicenda.

“In questo caso, c’è il rischio che le autorità di entrambi i Paesi siano coinvolte nella stessa questione”, ha dichiarato la responsabile del Dipartimento federale delle finanze svizzero, Karin Keller-Sutter, al Consiglio degli Stati, spiegando la modifica della legge in Parlamento con l’esempio citato.

Il Consiglio federale intende ridurre al minimo questi conflitti di giurisdizione con gli Stati membri dell’UE in materia di diritto successorio. Ciò aumenterà la chiarezza del diritto e della pianificazione per i 450’000 cittadini e cittadine di nazionalità svizzera residenti in un Paese dell’Unione. La necessità di intervenire nella materia è stata chiaramente riconosciuta. La ministra delle finanze ha dichiarato in Parlamento: “La nostra società sta diventando sempre più mobile. Sempre più persone trascorrono parte della loro vita all’estero”.

Domande complesse su vantaggi e svantaggi

La revisione della legge sarà completata dall’Assemblea federale nella sessione invernale (che inizia il 4 dicembre) quando le ultime divergenze tra le due Camere saranno appianate.

Tuttavia, in discussione ci sono alcuni punti spinosi, quali i diritti delle persone svizzere non sposate e di quelle con doppia cittadinanza, nonché il principio dell’uguaglianza giuridica. Poiché chi ha la doppia cittadinanza ha naturalmente più possibilità di scelta nei casi di eredità transfrontaliera, il Consiglio degli Stati ritiene che abbia un vantaggio legale e che la parità di diritti sia pertanto violata.

Timbro
Il diritto di successione non è complicato solo a livello nazionale. Nella foto, un timbro presso l’ufficio successioni della città di Berna. © Keystone / Gaetan Bally

La Camera alta del Parlamento chiede dunque che queste persone siano sistematicamente obbligate a scegliere, dove possibile, il diritto svizzero. La Camera bassa, il Consiglio nazionale, si oppone alla proposta e ora si sta cercando un compromesso. Si tratta di una questione di ampia portata, perché tre persone svizzere su quattro che abitano all’estero hanno anche un’altra cittadinanza.

Correlata, ma più specifica, è una mozioneCollegamento esterno ancora pendente che riguarda un’ingiustizia nelle imposte di successione per le eredità transfrontaliere tra Francia e Svizzera, dove sono emersi casi di doppia imposizione. La richiesta di Vincent Maitre, membro del Consiglio nazionale del Centro, è che queste tasse con la Francia vengano eliminate. La mozione, approvata dalla Camera bassa, non è attualmente all’ordine del giorno. Abbiamo parlato dell’argomento in modo più dettagliato qui:

+++ La Francia non vuole una nuova convenzione sulle successioni

Svizzera-UE: il Parlamento interviene

L’iter di un altro intervento parlamentare sulla questione delle relazioni Svizzera-UE sta per giungere al termine. Il Parlamento chiede maggiore controllo e partecipazione su questa tematica fondamentale. Poiché la politica estera elvetica è sostanzialmente nelle mani del Governo, il Parlamento ritiene di essere lasciato in disparte, anche negli attuali colloqui tra Berna e Bruxelles. Un’iniziativa parlamentareCollegamento esterno della Commissione Affari Esteri del Consiglio Nazionale chiede ora di avere voce in capitolo almeno nei programmi esistenti per i quali il Governo federale spende denaro.

Nello specifico, si tratta dei programmi di ricerca e scambi universitari Horizon ed Erasmus, ad esempio, ma anche dei finanziamenti per il cinema. Con 44 firmatari, l’intervento ha ottenuto un ampio sostegno, è stato approvato dal Consiglio federale e adottato dal Consiglio nazionale. Ora manca solo il Consiglio degli Stati. Una decisione è attesa il 12 dicembre.

Aggiornare il commercio estero

I e le parlamentari chiedono di avere più voce in capitolo nella politica estera, e con sempre maggior vigore. Quasi ad ogni sessione si aggiungono nuovi interventi. Quanto più diverse sono le crisi nel mondo, tanto più la Svizzera, con le sue relazioni economiche, vi appare esposta, destando quindi l’interesse della politica. Si possono citare, ad esempio i rapporti con la Cina, la Russia o l’Iran.

Il Parlamento auspica più controllo e trasparenza nei momenti in cui la Svizzera avvia, negozia o conclude accordi con altri Paesi. Ma l’obiettivo è ben più fondamentale: con il suo postulatoCollegamento esterno di revisione della Legge sul commercio estero e sui pagamenti, la Commissione per gli affari esteri del Consiglio nazionale sta preparando il terreno per un importante aggiornamento della politica commerciale estera svizzera, che porti più trasparenza, più gestione del rischio, più democrazia.

Se questo postulato verrà attuato, il Consiglio federale e il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) non potranno più impostare le relazioni economiche bilaterali in modo autonomo, ma solo attraverso una stretta consultazione con il Parlamento, e ci sarà anche l’opzione del referendum.

“Una legge federale sulle misure economiche esterne esaustiva dovrebbe dunque istituire una base giuridica solida per la politica economica esterna svizzera che stabilisca i principi su cui fondare l’avvio di negoziati e la conclusione di accordi”, si legge nel postulato. Tuttavia, il Governo deve ancora rispondere a questa proposta.

Controversia su Taiwan

Una vicenda piuttosto curiosa riguarda Taiwan. A maggio, il Consiglio nazionale ha deciso di collaborare in modo più intenso con lo Yuan legislativo, il Parlamento di Taiwan. Si è trattato di un segnale politico da parte della Camera del popolo, che sostiene questa democrazia sotto pressione da parte della Cina, senza che la Svizzera ufficiale debba esporsi di conseguenza.

Aula del parlamento
L’aula del Consiglio degli Stati. Keystone / Anthony Anex

Il problema è che la Confederazione ha due camere del Parlamento, Taiwan solo una. Una mozioneCollegamento esterno dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) al Consiglio degli Stati vuole ora mettere un freno allo slancio del Consiglio nazionale, partito alla carica con la collaborazione con Taiwan, ed evitare quella che viene definita “un’azione esterna fuorviante”. La richiesta dell’UDC è che le Camere del Parlamento svizzero non intrattengano rapporti diretti con parlamenti monocamerali senza coinvolgere l’altra Camera. A Pechino farà probabilmente piacere se la mozione sarà approvata.

All’ordine del giorno della sessione invernale ci sono anche gli affari relativi agli accordi svizzeri con la Corea del SudCollegamento esterno (libero scambio), l’IndonesiaCollegamento esterno (investimenti) e gli Emirati Arabi UnitiCollegamento esterno (doppia imposizione).

Il Consiglio federale ignora la questione

Prima dell’inizio della nuova legislatura, sono arrivate anche le risposte del Consiglio federale a tre mozioni che riguardano direttamente gli svizzeri e le svizzere all’estero. Rappresentanti del Partito Verde Liberale le hanno presentate poco prima della fine della scorsa legislatura. Non sono ancora all’ordine del giorno, ma le risposte del Consiglio federale sono rivelatrici.

In primo luogo, un’interpellanzaCollegamento esterno sul problema dei vuoti pensionistici che possono verificarsi se una persona svizzera svolge parte della sua carriera all’estero. La consigliera nazionale Melanie Mettler sostiene che la situazione è particolarmente confusa nel cosiddetto secondo pilastro della rendita. Secondo la deputata verde liberale “deve essere possibile garantire il rientro in Svizzera con una previdenza sicura per la vecchiaia”.

Nella sua risposta, il Consiglio federale concorda con l’interpellante. “Considerati il divario salariale e il diverso livello di protezione, in caso di percorso professionale internazionale la rendita complessiva è solitamente inferiore a quella in caso di percorso puramente svizzero”, scrive. In seguito, però, il Governo argomenta esclusivamente in merito al primo pilastro, l’assicurazione obbligatoria per la vecchiaia, che tuttavia non rappresenta un problema agli occhi dell’interpellante.

In conclusione, però, il Consiglio federale ha respinto l’idea, precisando che non ritiene necessarie ulteriori misure. Il ragionamento è degno di nota: “Non è compito dell’assicurazione pensionistica svizzera garantire alle persone che lavorano e sono soggette all’obbligo assicurativo all’estero lo stesso livello di rendita delle persone professionalmente attive unicamente in Svizzera”. Affaire à suivre.

I PACS sono in arrivo

Un’altra mozioneCollegamento esterno chiede che la Svizzera riconosca i PACS (pactes civils de solidarité – patti civili di solidarietà) francesi. Si tratta di un tipo di unione registrata, più vincolante della convivenza e meno del matrimonio. In Francia, i PACS sono diffusi quanto il matrimonio, ma non sono riconosciuti dalla Confederazione. Per i 200’000 cittadini svizzeri e cittadine svizzere che vivono in Francia, ciò comporta un’incertezza giuridica.

Risposta del Governo: il Consiglio degli Stati sta attualmente lavorando per introdurre i PACS nel diritto svizzero. “Nel quadro di questi lavori, sarà esaminata anche la questione del riconoscimento e degli effetti dei PACS esteri. “

Un’interpellanzaCollegamento esterno ha inoltre chiesto informazioni su eventuali progetti di ampliamento della sperimentazione del voto elettronico in Svizzera. La risposta del Consiglio federale: “Spetta ai Cantoni decidere se e quando avviare sperimentazioni di voto elettronico”. A questo proposito, la settimana scorsa i Grigioni sono diventati il quarto Cantone svizzero ad aderire al gruppo di sperimentazione.

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