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MO: Israele a Turchia, rammarico sì, scuse no

(Keystone-ATS) Rammarico sì, scuse no. È questa la posizione di Israele, ribadita oggi da fonti governative di alto livello, in risposta alle ritorsioni decise dalla Turchia in seguito al rifiuto israeliano di scusarsi per la morte di nove attivisti turchi uccisi l’anno scorso durante l’abbordaggio di una flottiglia impegnata a sfidare il blocco navale della Striscia di Gaza. Israele esprime rammarico per le vittime ma non si scuserà.

“Israele esprime rammarico (per i morti), ma non si scuserà per un’operazione di autodifesa”, si legge in una dichiarazione filtrata a Gerusalemme dopo consultazioni ristrette fra il premier Benyamin Netanyahu, il ministero della Difesa e quello degli Esteri.

Nella dichiarazione si afferma che il governo Netanyahu è pronto ad “adottare il rapporto” Onu della commissione Palmer sulla vicenda della flottiglia, sia pure con “alcune riserve”. Rapporto definito “serio, professionale e approfondito”.

Stando all’interpretazione israeliana, tale documento riconosce che la missione della flottiglia fu “un tentativo flagrante di forzare il blocco navale della Striscia di Gaza”: blocco giudicato legale dalla commissione Palmer e che lo Stato ebraico giustifica con la necessità di “impedire il contrabbando d’armi e missili a favore di Hamas, organizzazione terroristica sostenuta dall’Iran che controlla Gaza”.

La dichiarazione sostiene inoltre che l’abbordaggio dell’anno scorso fu condotto senza la volontà di colpire nessuno, ma che i militari israeliani “si dovettero difendere” dopo essere stati “attaccati con coltelli, bastoni e tubi di ferro da attivisti violenti dell’organizzazione (islamica turca) IHH” e dopo che alcuni di loro “erano rimasti feriti”. Di qui la disponibilità a esprimere “rammarico”, ma non a scusarsi per “un’operazione di autodifesa, poichè Israele, come ogni Stato, ha il diritto di difendere i suoi cittadini e soldati”.

Nello stesso tempo, il governo israeliano assicura di riconoscere “l’importanza delle relazioni storiche passate e presenti fra il popolo turco e il popolo ebraico”, sottolineando di aver “fatto ripetuti tentativi per dirimere la controversia” con Ankara e manifestando “rincrescimento che tali tentativi non abbiano avuto successo”.

Israele, in ogni modo, “continuerà a operare” per chiudere il contenzioso. Quanto infine all’espulsione dell’ambasciatore da Ankara, le fonti considerano che in realtà l’alto diplomatico abbia “già concluso la sua missione, congedandosi di recente dai colleghi turchi”, e notano che egli sarebbe comunque “dovuto rientrare in patria in questi giorni”.

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