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Polveriera Medio Oriente intimorisce borse, infiamma petrolio

(Keystone-ATS) I bombardieri statunitensi che tornano in azione sull’Iraq, la tregua a Gaza già finita, l’Ucraina che scatena una guerra delle sanzioni fra Russia e Occidente. L’estate 2014 vede un moltiplicarsi di teatri di guerra e i mercati non stanno a guardare, con le borse europee che chiudono una settimana nera, lo spread che s’infiamma, il petrolio che torna a correre.

All’indomani dell’allarme lanciato ieri da Mario Draghi, secondo cui il rischio geopolitico mette un’ipoteca sulle prospettive di crescita dell’Eurozona, i listini europei chiudono due settimane consecutive in rosso per la prima volta da marzo, con perdite di oltre il 10% per il Dax tedesco dai massimi storici segnati solo due mesi, e della stessa entità per il Cac-40 francese dai massimi di sei anni segnati a giugno. A pesare sulle borse europee – che chiudono contrastate con Londra a -0,45%, Francoforte a -0,33%, Parigi poco mossa e Milano e Madrid in recupero dopo la recente correzione – è l’autorizzazione degli attacchi aerei da parte del presidente Usa Barack Obama.

Ma il clima negativo già c’era nel mezzo della crisi di Gaza e Ucraina. Viaggiano positivo gli indici Usa, con il Dow Jones a New York che guadagna lo 0,40% anche se resta negativo su base settimanale. E gli investitori in fuga dal rischio chiudono le posizioni anche sui titoli di Stato a buon rendimento per rifugiarsi nel porto sicuro offerto dal treasury americano o nel bund tedesco, come i Btp italiani con uno spread oggi volato a poca distanza dai 200 punti base per chiudere a 176.

I trader del petrolio tengono invece gli occhi puntati sugli sviluppi iracheni, per capire e anticipare cosa potrebbe succedere con i flussi di greggio. In molti si aspettano un colpo ulteriore alla produzione (già ridotta dal caos nel paese) in grado di infiammare le quotazioni: il brent scambiato a Londra sale a 105,85 dollari al barile, il Wti a New York segna +0,3% a 97,66 dollari nella prima parte della giornata di contrattazione. Segnali di tensione, anche se i livelli sono ancora inferiori ai massimi di oltre 107 dollari (per il Wti) raggiunti due mesi fa.

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