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Si apre un nuovo fronte, Baku attacca nel Karabakh

Un soldato armeno accanto alla bandiera del Nagorno-Karabakh su una collina vicino a Charektar, nella regione separatista del Nagorno-Karabakh (foto simbolica) Keystone/AP/Sergei Grits sda-ats

(Keystone-ATS) Un nuovo fronte di guerra si apre ai confini meridionali della Russia.

Dopo tre anni si riaccende il conflitto tra Azerbaigian e Armenia per il Nagorno-Karabakh, con le forze di Baku che hanno bombardato pesantemente l’enclave armena e poi, secondo la denuncia di Erevan, hanno avviato un’operazione di terra per cercare di impossessarsi dei centri abitati. Il governo armeno ha fatto appello al Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché adotti misure per fermare quella che ha definito l’offensiva “su larga scala” dell’Azerbaigian.

Dopo alcune ore i separatisti della regione hanno chiesto a Baku un cessate il fuoco e di “sedersi al tavolo dei negoziati”. Ma l’ufficio della presidenza azera ha risposto di essere disposta a mettere fine all’operazione solo se i separatisti deporranno le armi e se verrà dissolto “il regime illegale”, cioè l’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh. In tal caso le autorità dell’Azerbaigian sono pronte ad incontrare gli stessi separatisti nella città azera di Yevlakh.

Un appello alle trattative tra Erevan e Baku è stato lanciato da Mosca, che si è detta “preoccupata” per “l’improvvisa escalation”. Nel Karabakh la Russia ha quasi 2000 peacekeeper dopo aver mediato un cessate il fuoco che pose fine alla guerra tra Baku e Erevan nell’autunno del 2020, la seconda dopo quella degli anni ’90. La nuova crisi ha tuttavia messo in evidenza qualche tensione tra la Russia e l’Armenia, che per anni dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica sono state strette alleate. Mosca non ha perdonato a Erevan di aver avviato recentemente manovre militari congiunte con gli Usa. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha accusato l’Armenia di aver creato “un terreno fertile per la politica ostile dell’Occidente contro la Russia”.

Da parte sua Erevan ha lamentato di non essere stata avvertita da Mosca sull’operazione che Baku stava preparando, nonostante l’Azerbaigian abbia detto di avere messo al corrente sia la Russia sia la Turchia. Ma la stessa Zakharova ha ribattuto che il governo russo non ne ha avuto il tempo perché è stato avvisato dagli azeri solo “pochi minuti” prima. In serata alcune decine di persone hanno inscenato una protesta davanti all’ambasciata russa a Erevan.

Baku ha presentato quella odierna come un’operazione “anti-terrorismo”, dopo aver lamentato che sei suoi cittadini sono stati uccisi da mine piazzate da gruppi armati armeni. Un’accusa respinta da Erevan. L’Azerbagian ha anche assicurato di avere preso di mira nei suoi bombardamenti solo infrastrutture militari. Da parte loro i separatisti parlano di 25 persone uccise e decine ferite, tra le quali anche civili. Soltanto ieri cibo e medicine erano state consegnati al Nagorno-Karabakh dopo che l’Azerbaigian aveva imposto a lungo un blocco al corridoio di Lachin, l’unica arteria che collega l’Armenia all’enclave, affermando che era usata per trasportare armi. Il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha detto che sta aprendo corridoi per evacuare i civili che vorranno lasciare il Nagorno-Karabakh, e i peacekeeper russi stanno fornendo assistenza per queste operazioni. Ma secondo Erevan in questo modo Baku vuole compiere una “pulizia etnica”.

Appelli alla fine delle ostilità e all’avvio di negoziati sono arrivati anche dalla Turchia, tradizionalmente vicina all’Azerbaigian. Ankara ha tuttavia giudicato “necessaria” l’operazione di Baku. Il segretario di Stato americano Antony Blinken invece ha avuto colloqui con tutte le parti per porre fine a quella che ha definito un’operazione “vergognosa” dell’Azerbaigian. Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto una conversazione telefonica con il primo ministro armeno Nicol Pashinian e Parigi ha condannato con “la più grande fermezza” l’azione militare. Baku ha risposto denunciando quella che ha definito “la politica islamofoba e anti-azera” della Francia.

Intanto a Erevan alcune centinaia di manifestanti si sono riuniti vicino al palazzo del governo gridando slogan di “Nicol traditore” e chiedendo le dimissioni del premier, accusato di non difendere la popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Durante la protesta ci sono stati anche scontri con la polizia, secondo immagini diffuse da alcuni canali Telegram.

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