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Siria: USA pronti a calare prove, ONU chiede più tempo

(Keystone-ATS) L’orologio del conto alla rovescia per l’attacco alla Siria, che ormai appare inevitabile, continua a scandire il tempo. Gli Stati Uniti – malgrado ripetano che nessuna decisione è stata ancora presa – si preparano a mettere nelle prossime ore sul piatto un cospicuo dossier di prove di colpevolezza del regime, che a sua volta solleva lo spettro dei gas letali contro l’Europa, mentre il segretario generale della Nato Rasmussen dice che l’uso di armi chimiche “non può restare senza risposta”.

E mentre Israele rafforza le difese anti-aeree, Londra afferma che ci vuole comunque una reazione, “anche se l’Onu fallisse nel tentativo di trovare l’accordo”. Accordo che a Washington considerano praticamente impossibile vista “l’intransigenza” russa.

Ma proprio l’Onu cerca di spostare indietro le lancette: gli ispettori sul campo “hanno bisogno di tempo per fare il loro lavoro”, hanno bisogno di altri quattro giorni, ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.

Secondo il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Barack Obama, Susan Rice, la loro è però una missione senza senso. In un messaggio all’ambasciatore Usa all’Onu e ad altri esponenti del Palazzo di Vetro, Rice ha affermato, riferisce il Wsj, che la missione Onu “ci dirà quello che già sappiamo, ovvero che le armi chimiche sono state usate. Non ci dirà chi le ha usate, questo già lo sappiamo”.

A sua volta, il premier britannico David Cameron ha cercato di accelerare annunciando una proposta di risoluzione della Gran Bretagna al Consiglio di sicurezza “per l’autorizzazione di misure necessarie alla protezione di civili”.

A schiacciare il freno ci ha pensato però Mosca. “È prematuro discutere di una reazione del Consiglio di sicurezza finché gli ispettori in Siria non presenteranno il loro rapporto”, ha affermato il primo viceministro degli Esteri Vladimir Titov.

Si tratta di un argomento valido, anche perché, secondo alcune indiscrezioni, il dossier di prove raccolto dagli Usa è cospicuo, ma incompleto. Contiene informazioni d’intelligence, resoconti, filmati video, dichiarazioni e rapporti di medici sul campo. E soprattutto, secondo quanto riferisce la rivista Foreign Policy, intercettazioni di telefonate in cui un funzionario del ministero della Difesa chiede al comandante di un’unità per le armi chimiche spiegazioni su un attacco con gas nervino, appena poche ore dopo la strage del 21 agosto. Ma non contiene le prove solitamente determinati, ovvero quelle raccolte sul campo, come campioni di terreno, di sangue e altri elementi tangibili positivi ai test per il gas nervino.

Ma in ogni caso, secondo quanto ha detto un alto funzionario americano alla Nbc, è stato “passato il punto di non ritorno” e i raid contro obiettivi siriani scatteranno “nell’arco di pochi giorni”, mentre un’altra fonte ha precisato che “nessuna azione militare sarà unilaterale. Dovrà includere i nostri alleati internazionali”. E in questo quadro, la Casa Bianca ha fatto sapere che dal 21 agosto, il presidente Obama e i suoi più stretti collaboratori hanno fatto almeno 88 telefonate a leader stranieri.

A New York, intanto, gli ambasciatori dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, GB, Francia, Cina e Russia) si sono riuniti per esaminare la bozza di risoluzione britannica, senza riuscire a trovare un accordo, tanto che Londra ha poi fatto sapere di aver rinunciato a chiedere per oggi una riunione plenaria dello stesso Consiglio.

E proprio all’Onu l’ambasciatore siriano ha oggi chiesto al segretario generale Unite Ban Ki-moon di incaricare “immediatamente” gli ispettori in Siria di un’inchiesta su tre nuovi presunti attacchi di ribelli sull’esercito di Damasco.

Attraverso l’Iran, il regime siriano ha allo stesso tempo minacciato in maniera esplicita Israele. “Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira. Una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele”, ha scritto l’agenzia iraniana Fars, vicina al Corpo d’elite dei Pasdaran, citando “un’alta fonte delle forze armate siriane”.

E allo stesso tempo, Damasco ha sollevato anche lo spettro dei gas letali contro i Paesi europei: Usa, Gran Bretagna e Francia, ha detto il viceministro degli Esteri Faisal Maqdad, hanno aiutato “i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria, e gli stessi gruppi “le useranno presto contro il popolo d’Europa”.

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