
“Per il Parlamento è difficile controllare i servizi segreti”

Nuovi sviluppi sul caso Regli, l'ex-capo dei servizi elvetici. Malgrado gli indizi si cumulino, è difficile ricostruire vicende avvenute nel nimbo della segretezza.
La delegazione della Commissione della gestione non era a conoscenza di tutti gli elementi del caso, quando nel 1999 riabilitò l’ex capo dei Servizi di informazione dell’esercito Peter Regli. Lo ha affermato Niklaus Oberholzer, autore del rapporto finale della delegazione, in un’intervista pubblicata oggi dalla «SonntagsZeitung».
Per Oberholzer – oggi presidente della Camera di accusa del canton San Gallo – la delegazione si è dovuta accontentare delle informazioni che le erano state fornite. Molte domande sono rimaste senza risposta perché il Dipartimento federale della difesa (DDPS) rinunciò a prendere posizione. Spesso le richieste di chiarimenti indirizzate al capo del DDPS venivano inoltrate a Regli affinché rispondesse direttamente. La procedura era stata criticata dalla delegazione, che si era però dovuta accontentare delle risposte ricevute.
«Si ottengono risultati solo quando si è in grado di porre domande precise», ha aggiunto Oberholzer, precisando che ciò è possibile solo se si ha una conoscenza approfondita del dossier. Le audizioni di carattere generale, usuali nel caso di parlamento di milizia come quello elvetico, non permettono invece di indagare in profondità, ha sottolineato.
Secondo Oberholzer esercitare un controllo sui Servizi di informazione è praticamente impossibile: «La realtà quotidiana di questo organismo è impregnata di segretezza e di compartimentazione». Il magistrato si è detto scettico quanto alla possibilità di ulteriori chiarimenti da parte di una nuova commissione di inchiesta parlamentare. «I responsabili, senza per forza mentire, potrebbero tenere a bada chi indaga e lasciarlo brancolare nel buio». Bisogna rendersi conto della realtà: singoli controllori, che per condurre le indagini si sono a fatica impratichiti del dossier, hanno a che fare con centinaia di specialisti e professionisti molto esperti in materia.
Il parlamento – ha concluso – avrebbe la possibilità di sorvegliare più strettamente i servizi segreti mettendo a disposizione dei propri organi risorse giuridiche e personale di altro calibro. Il controllo di questi settori dovrebbe essere condotto in maniera molto più professionale.
Minacce dal Sudafrica
Intanto sembrano concretizzarsi le minacce di denuncia collettiva contro la Svizzera per aver condotto attività economiche in Sudafrica durante il regime dell’apartheid. Secondo quanto pubblicato oggi dal giornale romando «Le Matin», l’influente lobby sudafricana «Jubilee 2000» sarebbe intenzionata ad avviare una procedura giudiziaria in questo senso. Essa riunisce le Chiese e i sindacati che portarono alla caduta del regime segregazionista e gode delle simpatie del partito al potere e del presidente Thabo Mbeki.
«La Svizzera – ha indicato a «Le Matin» il portavoce di «Jubilee 2000 Neville Gabriel – non ci ha mai preso sul serio: penso che una misura legale di questa portata sia appropriata per spingerla a cambiare idea. Ne discuteremo sabato prossimo». Yasmine Sooka, membro della direzione della lobby ha aggiunto: «non mi piacciono le procedure giudiziarie. Preferirei che la Svizzera creasse una commissione, come quella diretta da Bergier, per far luce sulle relazioni con l’apartheid».
swissinfo e agenzie

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