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Può l’IA essere una soluzione per l’accesso alla medicina nell’Africa subsahariana?

un'infermiera prepatra dei campioni di sangue in un centro sanitario in africa
Un'infermiera prepara dei campioni di sangue presso il centro sanitario di Tengani, nel distretto di Nsanje, nel Malawi meridionale, nel novembre 2014. Mathias Semba, di Riders for Health, raccoglierà i campioni che saranno consegnati a oltre 100 chilometri di distanza, a Thiolo, prima di essere analizzati in un laboratorio. Marco Longari / AFP

L’intelligenza artificiale (IA) può aiutare gli operatori sanitari dove l’accesso alle cure è limitato. Ma i chatbot non sono una bacchetta magica.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che nel 2030 mancheranno undici milioniCollegamento esterno di unità tra il personale sanitario in tutto il mondo. La lacuna è destinata ad aggravare una situazione in cui, sempre in base alle osservazioni dell’OMS, nel 2021 quattro miliardi e mezzo di personeCollegamento esterno non avevano accesso a cure mediche di base.

“Dobbiamo renderci conto che ci sono persone, nel mondo, che non vedranno mai un medico in tutta la loro vita e, di fatto, parliamo di milioni di individui”, dice in riferimento ai Paesi in via di sviluppo Annie Hartley, medico e professoressa al Politecnico Federale di Losanna (EPFL) e all’Università di Harvard, negli Stati Uniti.

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L’intelligenza artificiale e i bot potrebbero rappresentare una vera rivoluzione in questo ambito, in particolare nei Paesi con infrastrutture mediche limitate. Questi strumenti possono offrire al personale medico una guida per effettuare diagnosi e consigli sui trattamenti.

Hartley ha sviluppato uno strumento di intelligenza artificiale chiamato Meditron, che è attualmente coinvolto in una collaborazione con l’Istituto svizzero di salute pubblica tropicale (SwissTPH) e D-Tree, un’organizzazione non governativa con sede negli Stati Uniti e una solida presenza a Ginevra, specializzata nel migliorare la sanità in Africa.

Il progetto, che va sotto il nome di MAM*AI, mira a diffondere Meditron tra il personale sanitario dell’isola di Zanzibar, in Tanzania. Lo strumento è pensato in modo specifico per aiutare le ostetriche e il personale sanitario ad assistere le donne in gravidanza. Meditro, disponibile come un’app alla quale si accede tramite invito all’interno di una piattaforma di prova, rientra nella categoria dei chatbot come ChatGPT, Gemini o Claude ed è specializzato a rispondere a problemi di medicina.

“Dobbiamo renderci conto che ci sono persone, nel mondo, che non vedranno mai un medico in tutta la loro vita.”

Annie Hartley, professoressa al Politecnico Federale di Losanna

“I modelli linguistici di nuova generazione sono straordinari perché hanno il potenziale per colmare un divario enorme con una semplice conversazione. Questa tecnologia è fortemente scalabile e ha un potenziale molto concreto. È un momento molto stimolante”, dice Hartley.

Meditron è stato originalmente rilasciato dall’EPFL nel 2023 ed è costruito in modo da poter essere adattato in modo specifico a contesti geografici o sanitari diversi tra loro, ad esempio in Africa, Nordamerica o Europa.

“In questo momento stiamo cercando di capire come si comporta un’ostetrica quando si trova di fronte a un problema, ovvero comprendere i reali meccanismi locali per poter fornire dati utili a chi programma Meditron”, dichiara Riccardo Lampariello, CEO di D-tree.

Una volta completato lo sviluppo, aggiunge, “idealmente tutte le ostetriche di Zanzibar avranno l’opportunità di utilizzare questo supporto decisionale nella loro attività quotidiana. In seguito, l’idea è raccogliere tutte le lezioni apprese ed esportarle, adattandole, in altri Paesi”.

La piattaforma non è ancora stata lanciata a Zanzibar, dove D-tree prosegue la discussione con le autorità sanitarie locale per comprendere i bisogni reali. I prossimi passi prevedono di promuovere Meditron e addestrare il personale ad utilizzarlo.

un uomo cammina nella savana
Frank Pancha Chisel si reca a piedi al centro sanitario di Mikolongwe, a tre ore dal suo villaggio, per ottenere una terapia antiretrovirale per sé e per gli altri cinque membri del suo gruppo di pazienti, 27 novembre 2014. Afp Photo / Marco Longari

Mancanza di istruzione

Uno dei maggiori ostacoli all’accesso alle cure mediche nell’Africa subsahariana come l’isola di Zanzibar è la mancanza di lavoratori qualificati. La conoscenza medica e il primo soccorso sono spesso affidati ai cosiddetti operatori sanitari di comunità. Sono figure generalmente volontarie che, dopo una formazione sommaria di qualche mese, fungono da riferimento medico nella comunità alla quale appartengono.

“Puoi avere tutte le risorse del mondo, i farmaci più costosi o la risonanza magnetica più avanzata, ma se non sai come, quando o perché usarli, non servono a nulla. L’informazione è la risorsa più preziosa. E che cos’è un medico, se non una fonte di informazione?”, afferma Annie Hartley.

Qui è dove uno strumento come Meditron può aiutare, interpretando un sintomo, chiarendo un dubbio circa quale medicamento prescrivere o indicando come effettuare una procedura di emergenza. Meditron può guidare l’operatore sanitario a fare le domande giuste per capire se indirizzare la persona verso l’ospedale o consigliare determinati farmaci.

Ad esempio, se si presenta una donna incinta con il mal di testa, il sistema potrebbe indicare all’operatore sanitario di chiedere se ha recentemente misurato la pressione per verificare che non soffra di preclamsia, una malattia facilmente curabile ma che se non identificata diventa mortale sia per la madre che per il bambino. “I dati dimostrano che questi sistemi aumentano la capacità di fare diagnosi corrette”, dichiara Riccardo Lampariello.

Informazioni affidabili

Con una grande abbondanza di chatbot attualmente disponibili, il tentativo di sviluppare una piattaforma a scopo medico e umanitario si scontra con due grandi sfide.

La prima è elargire informazioni su cui poter contare, al contrario dei comuni chatbot come ChatGPT che non danno alcuna garanzia su quanto fornito. Il sito di ChatGPT, ad esempio, riporta che “ChatGPT è progettato per fornire risposte utili basate sui modelli appresi durante l’addestramento. Tuttavia, come tutti i modelli linguistici, può generare contenuti errati o fuorvianti”.

“Nei Paesi in via di sviluppo la persona che si affida alle applicazioni di salute digitale dirette al consumatore spesso non ha alternative. In un contesto in cui le risorse umane ed economiche sono limitate, l’impatto delle nuove tecnologie sulla salute risulta ancora più rilevante e il margine d’errore di quest’ultime deve essere ridotto al minimo”, spiega la bioeticista ed ex ricercatrice del Politecnico Federale di Zurigo (ETH) Agata Ferretti

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Le informazioni sanitarie fornite da Meditron hanno il dovere di essere tanto corrette quanto quelle fornite dai medici, specialmente in quanto gli operatori sanitari non hanno alcun modo di controllare altrove quanto Meditron ha suggerito.

La seconda sfida, che va di pari passo con la prima, è quella che gli esperti e le esperte di intelligenza artificiale chiamano “governance”, ovvero la possibilità di controllare il modello linguistico aggiustandone i parametri o addestrandolo su dati specifici. “È fondamentale che questi strumenti siano sviluppati e testati in stretta collaborazione con le comunità locali, all’interno del loro specifico contesto”, precisa Ferretti.

“Da un Paese all’altro, il software non può essere un copia-incolla. I protocolli clinici variano, così come i ruoli e le competenze del personale sanitario, l’incidenza delle malattie e, talvolta, anche i farmaci e i relativi dosaggi. È quindi fondamentale che la soluzione tenga conto di queste differenze”, spiega Lampariello. Per esempio, se c’è un bambino con la febbre, il software deve tenere in considerazione se si trova in un Paese con un’alta percentuale di malaria.

“È fondamentale che questi strumenti siano sviluppati e testati in stretta collaborazione con le comunità locali.”

Agata Ferretti, bioeticista

Anche le componenti culturali e linguistiche svolgono un ruolo importante. “In un Paese in Africa, ho avuto un paziente che sosteneva di avere “il ginocchio incinta”. Io sapevo che intendeva un ginocchio dolorante, ma cosa capirebbe un modello linguistico?”, si chiede Harley.

Per poter valutare il sistema, Meditron è stata integrata in Moove, acronimo di Massive Open Online Validation and Evaluation (in italiano “Validazione e valutazione online aperta a larga scala”). Moove è una piattaforma informatica in ambito sanitario gestita dal laboratorio di Annie Hartley a Losanna e già utilizzata anche in Rwanda, Kenya, Nigeria ed Etiopia.

I test clinici, volti soprattutto a mettere alla prova le conoscenze mediche di base del sistema, sono effettuati anche in Svizzera, con un contributo degli Ospedali universitari di Losanna (CHUV), Ginevra (HUG) e Berna (Inselspital) dal lato medico e dal Centro Intelligenza Artificiale dell’EPFL per quello informatico.

“Queste informazioni mediche devono essere valutate da specialisti, perché è importante prima di tutto verificarne l’accuratezza. Esistono modalità sicure per introdurre questi strumenti e non vogliamo darli in mano a persone non preparate troppo presto”, spiega Hartley.

I ricercatori hanno così avviato dei veri e propri test clinici atti a mettere alla prova le risposte di Meditron di fronte a casi reali sottoposti da medici di tutto il mondo. Le risposte sono valutate sulla base di diversi criteri, inclusi la sicurezza, l’accuratezza e i bias (cioè i pregiudizi che l’intelligenza artificiale può avere, ad esempio legati al genere).

“La domanda è ‘come verificare la qualità e l’affidabilità di queste tecnologie?’ Bisogna considerare diversi aspetti, come i bias, sia la protezione dei dati e della privacy, e la validità clinica”, sottolinea Ferretti.

Le trattative con le autorità sanitarie di Zanzibar sono quasi completate. La collaborazione sta ora cercando ulteriori fondi da parte di Tech4Dev, un’iniziativa dell’EPFL che supporta lo sviluppo tecnologico in contesti poveri di risorse. Se la richiesta verrà approvata, nei prossimi mesi comincerà il lavoro sul campo.

“Siamo assolutamente decisi a mettere tutto questo in pratica e a misurarne l’impatto. Sono convinta che, una volta resi disponibili, questi strumenti diventeranno una parte essenziale della routine”, afferma Hartley.

Articolo a cura di Virginie Mangin/ts 

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