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400 jihadisti pronti a colpire, l’Europa ha paura, fonti

(Keystone-ATS) Un esercito di 400 combattenti addestrati e inviati in Europa, pronti a colpire ‘in autonomià, scegliendo luoghi, tempi e metodi di attacco. Il nuovo allarme arriva, secondo quanto ha riferito l’Associated Press, da “alte” fonti di sicurezza europee e irachene.

Si tratterebbe di cellule ‘interconnessè, come quelle che hanno agito a Parigi e a Bruxelles, sguinzagliate in molti dei paesi del Vecchio continente. Italia compresa. Un flusso di ‘foreign fighters’ che fa paura ad un’Europa che cerca di blindarsi.

Dopo l’ennesima ondata di terrore ieri in Belgio, da Londra a Parigi, da Amsterdam a Madrid, si cerca di alzare una cintura di protezione. Con gli stati che danno fondo alle loro risorse, mettendo in campo forze e blindando i trasporti – dagli aerei alle metro, passando per stazioni e treni – così come gli obiettivi ritenuti sensibili.

A Londra è scesa in campo il ministro dell’Interno, Theresa May, cercando di rassicurare gli inglesi sulla vigilanza dello stato: negli ultimi 18 mesi, ha sostenuto, sono stati sventati sette attentati dell’Isis. Non ci sono i dettagli ma la May ha elencato invece le “misure precauzionali” adottate per proteggere il Paese: confini e dogana con Belgio e Francia blindati, filtro dei veicoli che entrano ed escono, aumento della polizia negli aeroporti e nelle stazioni di metro e treni.

A Parigi, dove l’allerta è fisiologicamente oltre il massimo – visto lo stato d’emergenza in vigore ancora almeno per un paio di mesi – non si notano giri di vite spettacolari. A Parigi e banlieue sono operativi altri 400, tra poliziotti e gendarmi, sui 1.600 annunciati ieri dal ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. Ma la gente ha fatto ormai l’abitudine alle ronde armate, alle auto di agenti che sorvegliano discretamente l’entrata e l’uscita delle scuole.

E soprattutto alle perquisizioni, che da alcune ore sono tornate ad essere particolarmente accurate anche all’ingresso dei supermercati. Nessuno si sottrae, nessuno si lamenta, il 13 novembre continua ad essere una ferita aperta. Agli aeroporti di Roissy Charles de Gaulle e di Orly – la cui sicurezza è stata passata in rassegna oggi dal ministro Cazeneuve – sono parcheggiati diversi blindati della polizia.

La Spagna “rafforzerà la sicurezza nei suoi aeroporti con una serie di misure concrete” ha annunciato il ministro dell’Interno Jorge Fernandez Diaz. Che non fornisce – “per ragioni evidenti” – particolari su questi dispositivi. Il governo di Madrid ha deciso di mantenere il livello d’allerta a livello 4 sulla scala di 5, “su raccomandazione unanime” dei propri esperti di antiterrorismo. All’aeroporto di Barcellona, quello più frequentato dai turisti, sono sbarcate le truppe antisommossa che hanno a disposizione anche unità cinofile.

Il controllo totale degli aeroporti in Germania “è impraticabile”, secondo l’associazione degli scali aerei tedeschi, soprattutto nelle hall d’ingresso dove possono entrare praticamente tutti. Strettissimi, invece, i controlli alla frontiera con il Belgio, con l’impiego fra l’altro di cani anti-esplosivo che partecipano alle operazioni di verifica dei veicoli più sospetti.

In Olanda si attendono le prossime ore per la ripresa del traffico Thalys, il treno ad alta velocità bloccato da ieri, che parte e arriva a Parigi ma che in molti casi dopo Bruxelles tocca Amsterdam e Colonia.

Ieri sera, proprio alla stazione di Amsterdam, la polizia ha sparato tre colpi in aria per procedere all’arresto di tre persone. L’Europa, colpita nei suoi centri nevralgici dal terrorismo, ha paura. Il rischio attentati non è una novità: sono stati 370 gli attacchi agli aeroporti europei nella storia recente, con Francia, Italia e Spagna paesi più colpiti, stando a uno studio dell’istituto “Demoskopika”.

Oltre duemila le vittime tra morti e feriti di questa guerra permanente, 435 miliardi di euro la spesa per la difesa e la sicurezza dei cittadini dei 28 dell’Ue, pari al 3,1% del Pil dell’area. Il Belgio è tra i paesi ad investire di più: oltre mille euro per cittadino. In Italia c’è stata una contrazione del 6% pari a 3,2 miliardi di euro.

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