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Afghanistan: Conferenza Mosca, prove di pace senza Usa

(Keystone-ATS) Delegazioni di almeno undici Paesi, fra cui Cina, Pakistan, Iran e India, si riuniranno domani a Mosca per una Conferenza internazionale sull’Afghanistan che segna l’ingresso diretto della Russia negli sforzi per trovare una via d’uscita negoziata.

Il conflitto con i talebani dura da ormai oltre 15 anni.

L’elemento più significativo della vigilia è la conferma che all’incontro non parteciperanno gli Stati Uniti, Paese che dal 2001 sostiene la maggior parte dello sforzo finanziario e militare in appoggio di governi democratici afghani presieduti prima da Hamid Karzai ed ora da Ashraf Ghani.

Gli analisti non hanno esitato a sottolineare che il no di Washington va letto, dopo gli interventi russi in Siria e Libia, come una resistenza all’ingresso di Mosca anche in una regione che gli Stati Uniti considerano strategica per i loro interessi in Asia meridionale e centrale.

Nelle ultime settimane la diplomazia russa è stata molto attiva sulla questione afghana con notizie, mai formalmente smentite, di contatti diretti con esponenti dell’Emirato islamico dell’Afghanistan. Questo ha innervosito non poco il governo di Kabul che chiede di restare al centro di ogni sforzo di pace.

In febbraio, fra l’altro, il ministro degli esteri Serghei Lavrov aveva sostenuto che “i talebani dovrebbero prendere parte direttamente ad un dialogo “costruttivo” sulla pacificazione dell’Afghanistan.

E precedentemente l’inviato speciale del presidente Vladimir Putin in Afghanistan, Zamir Kabulov, aveva escluso che gli Stati Uniti potessero decidere di ritirarsi dal Paese. “Per quanto ne so – disse – Trump non prevede nessun ritiro” delle truppe, “ed e’ logico perché l’intera situazione collasserebbe”.

Ma la persistente instabilità esistente, i ripetuti attentati anche nel centro di Kabul, e i dati di fonte Usa secondo cui sui 400 distretti afghani i talebani ne controllano, disputano o influenzano 171, lasciano presagire addirittura un rafforzamento del contingente militare statunitense.

È per questo che il comandante delle forze degli Usa in Afghanistan, generale John Nicholson, ha chiesto durante una recente audizione davanti al Congresso “qualche migliaio” di truppe in più per spezzare lo stallo con i talebani.

Questo, pur se tutte le parti coinvolte, compresi gli insorti, hanno ammesso che questo conflitto “non può essere risolto per via militare”. Ciò spalancherebbe la porta ad una trattativa che per ora non è stata però possibile perché essenzialmente la precondizione dei talebani è “un ritiro preliminare totale delle truppe straniere”.

In marzo responsabili del loro Ufficio politico in Qatar avevano ipotizzato una presenza all’appuntamento di domani a Mosca nel caso di un invito formale. Ma ieri, interpellato dall’agenzia di stampa italiana Ansa, il portavoce dell’Emirato islamico, Zabihullah Mujahid, ha risposto che: “Non siamo stati invitati e quindi non partecipiamo”.

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