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Agca il 18 gennaio esce e annuncia rivelazioni su Papa e Orlandi

(Keystone-ATS) ANKARA – Mehmet Alì Agca, il “lupo grigio” turco che il 13 maggio 1981 tentò di uccidere Papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro, uscirà di prigione lunedì prossimo ed è intenzionato a fare nuove rivelazioni sulle molte misteriose vicende che lo hanno visto coinvolto. E’ quanto hanno detto stamani, nel corso di una conferenza stampa, i suoi avvocati.
I due legali – Yilmaz Abosoglu e Gokay Gultekin, che con Haci Ali Hozan assistono Agca – hanno affermato di aver convocato l’incontro con la stampa per espresso desiderio di Agca, da loro visitato lunedì scorso nel carcere di massima sicurezza di Sincan a circa 30 km a Nord-Ovest di Ankara.
Agca ha consegnato loro una “lettera aperta” per i giornalisti, 33 righe scritte in ordinato stampatello su due fogli di un blocco notes, in cui l’attentatore del Papa ripete più o meno le stesse farneticanti dichiarazioni già fatte in passato sul terrorismo e su Al-Qaida, da egli definita “un’organizzazione criminale psicopatica e nazista”.
Dopo aver accomunato come “nemici di tutte le religioni e di tutti i Paesi del mondo il terrorista Hitler, il terrorista Osama bin Laden, il terrorista Apo (Abdullah Ocalan, leader in carcere del separatista Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ndr) e il terrorista Pol Pot (dittatore cambogiano)”, Agca ammonisce il mondo arabo “a non fare mai cattivo uso di alcuna religione per risolvere i propri problemi interni” e si augura che il presidente Usa Barack Obama “si renda degno del premio Nobel per la pace” di cui è stato insignito.
Nella seconda pagina del suo messaggio, Agca afferma che “nelle prossime settimane” risponderà alle domande che spesso si è sentito rivolgere circa un eventuale collegamento tra la sua fuga da un carcere turco il 25 novembre 1979 e asseriti documenti dei servizi segreti russi (Kgb) in data 13 novembre precedente, dai quali emergerebbe la volontà del Cremlino di eliminare fisicamente Giovanni Paolo II.
Promette di parlare non solo dei presunti collegamenti tra il Kgb e l’allora governo bulgaro per compiere l’attentato al pontefice, ma anche di rivelare chi fu a rapire Emanuela Orlandi, la figlia allora quindicenne di un funzionario vaticano, della quale non si sa più nulla dal 22 giugno 1983.

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