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AI: tentarono truffa, dopo 11 anni alla sbarra, quintali di atti

(Keystone-ATS) APPENZELLO – A undici anni da un elaborato tentativo di truffa che non ha peraltro danneggiato nessuno, tre maneggioni finiscono sotto processo, sotterrati da quintali di atti meticolosamente raccolti dagli inquirenti. Succede ad Appenzello interno, dove il tribunale distrettuale è chiamato a dirimere un’intricata matassa, già costata centinaia di migliaia di franchi ai contribuenti.
Alla sbarra per un processo che dovrebbe durare tre giorni sono altrettanti imputati, tutti e tre svizzeri: due fiduciari – un 50enne di Sargans (SG) e un 53enne di San Gallo – e un uomo d’affari appenzellese di 56 anni. Nel lontano 1999 avevano tentato di inserirsi nell’allora lucrativo mercato della negoziazione di titoli, cercando di guadagnare milioni senza avere un soldo. Per dimostrare di avere a disposizione mezzi finanziari avevano falsificato documenti: in tal modo speravano di dimostrare di gestire un conto da 17 milioni di dollari presso la filiale di Zugo dell’UBS.
Nel 2000 l’istituto aveva però sporto denuncia penale per falsità in documenti: erano seguiti intercettazioni telefoniche, perquisizioni, sequestri di documenti. Negli anni la montagna di atti è così cresciuta fino a raggiungere la ragguardevole mole di 90 raccoglitori: dalla catasta di informazioni è nata una decisione di rinvio a giudizio che per lunghezza – 70 pagine – sfiora quella di un romanzo, ma che per contenuto probabilmente non si legge come tale.
Un “romanzo” cui manca peraltro il personaggio principale: a quanto sembra il burattinaio dell’intera operazione è un immobiliarista tedesco, che teoricamente dovrebbe rispondere dei sui atti nel suo paese, ma che in pratica non lo farà perché – hanno spiegato i difensori – in Germania i reati sono nel frattempo prescritti. E un romanzo dove non figurano nemmeno i buoni – le vittime ignare – perché il raggirato era a sua volta un imbroglione, un londinese ben noto a livello internazionale. “Può un truffatore truffare un truffatore?”, ha sintetizzato oggi in aula la questione uno degli avvocati, poco in vena di sinonimi.
Sì, secondo il ministero pubblico appenzellese. La procuratrice ha chiesto 16 mesi da espiare per il sangallese, 12 mesi con la condizionale per il fiduciario di Sargans e 18 mesi con la condizionale per l’appenzellese. Viene loro inoltre chiesto di coprire i costi diretti dell’inchiesta, pari a 171’735 franchi.
A complicare ancora di più il compito della corte vi è il fatto che l’appenzellese, già condannato in via definitiva per falsità in documenti nel 2000 e 2001, deve nel medesimo processo rispondere di pornografia: per l’accusa vi sono tracce di foto pedofile sul suo computer, mentre lui sostiene di aver solo cercato immagini di teenager, a suo avviso ragazze fra i 17 e i 19 anni.
Il suo avvocato ha chiesto l’assoluzione, ravvisando che praticamente sono assenti tutti gli ingredienti necessari per fare un processo: manca un atto penalmente perseguibile, una fattispecie penale chiara, un movente, una qualsivoglia volontà di arricchirsi. Gli atti, per quanto sterminati, sono confusi e pure incompleti. Il giudizio arriva a oltre un decennio dai fatti, un chiaro caso di ritardata giustizia, ha affermato il difensore.
Ancora più categorici sono stati i legali degli altri due imputati. Gli affari in questione erano solo sogni campati in aria, senza alcun riscontro nella realtà, ha detto uno di loro. E sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso anche il secondo difensore, che ha paragonato quanto fatto dal suo assistito allo scrivere una letterina a Babbo Natale.

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