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Archivio federale: incarti a lungo segreti, storici delusi

(Keystone-ATS) A causa della scarsità di risorse, il Dipartimento federale della difesa (DDPS) ha fatto prolungare il periodo di segretezza a partire dal 1959 di interi fondi custoditi all’Archivio federale, invece che limitare la misura ai singoli dossier contenenti informazioni sensibili. È quanto indica il Consiglio federale in risposta ad una domanda della consigliera nazionale Silva Semadeni (PS/GR). Per il presidente della Società Svizzera di Storia, Sacha Zala, tale decisione rappresenta un ostacolo alla ricerca storica trascorsi i canonici 30 anni di protezione.

La conseguenza di tale decisione, precisa il governo, è che anche carte che dovrebbero essere liberamente consultabili rimangono invece inaccessibili al pubblico. Tale divieto di consultazione andrebbe tuttavia, secondo l’esecutivo, relativizzato giacché a certe condizioni è possibile ottenere visione di determinati dossier su richiesta.

La decisione di prorogare il termine è stata adottata nel gennaio di quest’anno con una certa discrezione e portata a conoscenza del pubblico soltanto la settimana scorsa dal domenicale “Schweiz am Sonntag”. Il settimanale parla di una richiesta del DDPS al Dipartimento federale dell’interno di prorogare il termine di segretezza a 80 anni, ossia 50 in più del normale periodo di protezione previsto dalla Legge federale sull’archiviazione, vale a dire 30 anni.

Nei dossier sensibili figurerebbero luoghi geografici, coordinate di edifici e infrastrutture militari o bunker ancora oggi in funzione, aveva precisato la portavoce del DDPS Karin Suini all’ats.

Sempre secondo la portavoce del DDPS, all’origine di questa proroga del periodo di segretezza vi sarebbe la decisione dell’Archivio federale di permettere l’accesso online (www.swiss-archives.ch) agli inventari dei fondi. In tal modo numerosi documenti avrebbero potuto venir consultati ovunque nel mondo. La scelta del DDPS è quindi legata a motivi di sicurezza, aveva sottolineato Karin Suini.

Tale affermazione non corrisponde assolutamente al vero, ha dichiarato all’ats il presidente della Società Svizzera di Storia, Sacha Zala. Non solo non è possibile consultare i documenti partendo dall’inventario on-line, ma da quest’ultimo l’Archivio federale ha già espunto tutti i dossier sensibili. “Parliamo di diverse centinaia di migliaia di titoli di dossier che non sono pubblicati sul web”, precisa Zala.

“Per consultare l’inventario completo bisogna recarsi fisicamente all’Archivio federale e legittimarsi per la consultazione”. Insomma, invece di applicarsi a filtrare soltanto i pochi dossier sensibili – una scelta del tutto legittima e comprensibile secondo Zala – il DDPS ha agito preventivamente bloccando tutto il fondo, composto da centinaia di metri lineari.

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