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Aung San Suu Kyi nominata ministro degli Esteri

(Keystone-ATS) Aung San Suu Kyi è stata nominata ministro degli Esteri del nuovo governo birmano. Lo riferiscono i media internazionali. Il Premio Nobel per la Pace è anche l’unica donna in un esecutivo del presidente eletto Htin Kyaw, composto da 18 ministri.

La “Signora”, l’ex grande ‘pasionaria’ della dissidenza e premio Nobel per la Pace, alla quale la costituzione birmana impedisce di diventare presidente malgrado la travolgente vittoria elettorale del suo partito, aveva detto che sarebbe stata “al di sopra del presidente”. Aung San Suu Kyi sarà ministro degli Esteri della Birmania, e forse non solo. Il suo coinvolgimento nel nuovo governo birmano sarà ancora più diretto: potrebbe raccogliere anche due o tre dicasteri sui 21 da distribuire nell’esecutivo. E nel quale sarà anche l’unica donna.

La notizia, diffusa da diversi media nazionali ma finora senza riscontri a livello istituzionale, è stata poi confermata dal suo stesso partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld) e ripresa dai media, dopo che Htin Kyaw aveva confermato che San Suu Kyi era compresa nella lista del suo governo, che sarebbe stato formato in gran parte da esponenti a lei legati. Dopo il nulla osta nei prossimi giorni – una formalità – si saprà anche l’esatta attribuzione dei ministeri.

Il nome di San Suu Kyi (70 anni) è il primo nell’elenco dei 18 ministri, che si divideranno i 21 dicasteri rimasti dopo un processo di accorpamento che ne ha ridotto il numero dai 36 della precedente amministrazione di Thein Sein. E il fatto che l’icona della dissidenza sarà l’unica donna nel governo, in una società conservatrice come quella birmana non sorprende. Due – entrambi ex ministri nella giunta militare – sono membri del partito di opposizione Usdp, legato a doppio filo all’esercito; un terzo fa parte di un piccolo partito della minoranza etnica Mon. Altri tre ministri sono militari scelti dall’esercito per i dicasteri dell’Interno, della Difesa e degli Affari di frontiera, come previsto dalla Costituzione.

Malgrado la sua nomina agli Esteri non sia ancora confermata a livello ufficiale, nella giornata in molti hanno rilanciato l’ipotesi secondo cui alla “Signora” andrebbero anche altri dicasteri, con ogni probabilità l’Istruzione e l’Energia, nonché la posizione di leader dell’Ufficio del presidente.

L’impressione è che San Suu Kyi sarà in ogni caso attivissima: da ministro degli Esteri, il premio Nobel per la Pace farebbe automaticamente parte del Consiglio della Difesa e della Sicurezza nazionale, una sorta di super-organo di 11 membri in gran parte militari. Ma in tal caso decadrebbe da deputata, le verrebbero precluse attività all’interno del partito, e i periodici viaggi all’estero sarebbero dispendiosi per il ruolo di “presidente di fatto” che ha sempre fatto capire di volersi ritagliare, aggirando il divieto della Costituzione per i suoi legami familiari con cittadini stranieri.

Il mistero verrà probabilmente svelato ufficialmente entro questo fine settimana, e l’esecutivo entrerà in carica ufficialmente il primo aprile. Di certo, per l’ex prigioniera in casa Suu Kyi – ha trascorso in tutto 15 anni agli arresti domiciliari – sembra non voler perdere tempo per plasmare la “nuova Birmania” dopo mezzo secolo di dittatura militare e cinque anni di governo semi-civile. È da vedere però come la sua ambizione sarà recepita dalle influenti forze armate, una sorta di “stato nello stato” con forti interessi economici nel Paese e una consolidata abitudine a comandare.

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