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BCE: Draghi, flessibilità non sola via, ora governance riforme

(Keystone-ATS) La prima audizione del presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi al nuovo Parlamento europeo a Strasburgo è un invito a lavorare da subito: l’Unione economica e monetaria “resta incompleta” e c’è spazio per “una governance comune sulle riforme strutturali”. È quella per Draghi la strada per portare l’Eurozona fuori dalla crisi, e non la sola flessibilità, perché “è limitato pensare che sia l’unico modo per far ripartire la crescita”.

Il presidente della Bce torna così, per la seconda volta in una settimana, a toccare due dei punti sensibili del dibattito della zona euro: flessibilità e riforme, la prima cara all’Italia, le seconde alla Germania, che fu la prima a vedere di buon occhio l’idea lanciata lo scorso anno dal presidente dell’Ue Van Rompuy di vincolare i paesi alle loro riforme dettate da Bruxelles, con precisi “obiettivi” di competitività da raggiungere.

Draghi ritorna sulla proposta già illustrata mercoledì scorso in un discorso a Londra, proprio oggi che il Fondo monetario internazionale vede frenare lo slancio riformista della zona euro. Ancora più a rischio con il risultato “euroscettico” del voto che complica il quadro. La stanchezza per le riforme dev’essere evitata, è l’invito dell’Fmi all’area euro.

Il presidente dell’Eurotower, parlando agli eurodeputati della commissione economica guidata da Roberto Gualtieri (Pd), parla della necessità di proseguire con l’azione legislativa. Un esempio è “una governance comune sulle riforme strutturali”, utile perché i risultati delle riforme “non sono solo interesse dei singoli paesi ma dell’Europa intera”, ha detto Draghi. Che fa un esempio: “si potrebbe pensare di incorporare il processo di riforme strutturali necessarie in un quadro comune di convergenza verso politiche e istituzioni allineate alle pratiche d’eccellenza”. Ovvero fissare degli obiettivi di competitività e raggiungerli, seguendo i buoni esempi degli altri paesi.

Per Draghi “negli ultimi anni molto è stato fatto per ritrovare stabilità, questo ha riportato fiducia nella zona euro, ma debito pubblico e privato elevati, bassa crescita e disoccupazione inaccettabilmente alta ci ricordano che la questione più pressante è riportare l’area euro su un cammino di prosperità condivisa”.

Quindi bisogna aiutare la crescita, e va fatto seguendo la strada delle riforme, e non quella della flessibilità delle regole: “le regole attuali già contengono la flessibilità” ma “pensare che la flessibilità è l’unico modo per far ripartire la crescita è limitato”, ha spiegato agli eurodeputati che gli chiedevano la sua posizione sul dibattito in corso tra le cancellerie. “L’idea di spendere per uscire dalla crisi non è praticabile” perché “uno dei motivi della crisi è stato proprio il debito”, ha precisato.

Per Draghi “il modo migliore” per aiutare la crescita sono le riforme strutturali con la riduzione della spesa corrente ed “abbassare le tasse”. Perché “se una regola è regola, bisogna rispettarla, e se contiene flessibilità, bisogna definirla”. Ma quello è compito della politica, spiega, e non della Banca centrale che può invece dare solo consigli su come strutturare la governance comune delle riforme.

Il presidente dell’Eurotower ha poi confermato che “a settembre” la BCE lotterà contro la stretta creditizia, ma senza stimolare la concessione di mutui. Il presidente dell’istituto ha ribadito che la BCE lancerà nuovi “ltro, operazioni mirate di rifinanziamento di lungo termine” in cui le “banche potranno avere prestiti condizionati alla concessione di prestiti al settore privato non finanziario, con l’esclusione di prestiti alle famiglie per l’acquisto di case”.

Draghi ha poi escluso di avere intenzione di lasciare la BCE. “Ci sono e ci resto”, ha detto rispondendo alla liberale francese Sylvie Goulard, aggiungendo che “sono infondate e forse interessate le chiacchiere di chi dice il contrario”.

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