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BNS: Hildebrand difende stabilità prezzi

(Keystone-ATS) BERNA – La Banca nazionale svizzera (BNS) difende l’obiettivo della stabilità dei prezzi. Philipp Hildebrand, presidente della direzione, respinge la proposta del Fondo monetario internazionale (FMI) di aumentare la soglia accettabile dell’inflazione. Un’inflazione più alta significa pesanti costi per l’economia.
Le banche centrali devono impegnarsi anche in futuro a garantire la stabilità dei prezzi, asseriscono Hildebrand e Axel Weber, presidente della Banca centrale tedesca, in un contributo pubblicato oggi dalla “Neue Zürcher Zeitung” e dal “Wall Street Journal”.
I due istituti di emissione – rammentano – sono stati i percursori di una politica monetaria credibile orientata alla stabilità dei prezzi. Tale obiettivo – al massimo un tasso di inflazione del 2% – non è solo importante per una crescita economica duratura e per il benessere, bensì anche per la stabilità sociale. Sono proprio gli anelli più deboli della società a subire maggiormente le conseguenze dell’inflazione, scrivono i due autori.
Olivier Blanchard, capoeconomista dell’FMI, ha proposto di tollerare in tempi normali un tasso di inflazione più alto, ad esempio del 4%. L’inflazione conduce a tassi di interesse nominali più elevati e quindi le banche centrali nei periodi di crisi avrebbero margini di manovra più ampi nella politica monetaria.
Per Hildebrand e Weber l’argomento non convince. I margini di manovra della politica monetaria non sono esauriti nel momento in cui i tassi di interesse a breve termine sono vicini allo zero. Le banche centrali hanno infatti anche la possibilità – come è stato dimostrato – di agire tramite altri canali, quali la messa a disposizione di soluzioni di rifinanziamento a scadenze più lunghe o l’acquisto diretto di attivi finanziari.
I supposti vantaggi di un’inflazione più alta sono sopravvalutati, rilevano gli autori, secondo cui il momento scelto per lanciare la nuova idea è “estremamente infelice, se non perfino pericoloso o dannoso”. In una situazione di alti disavanzi fiscali e debiti statali crescenti, tale idea potrebbe essere interpretata come un aiuto da parte delle banche centrali a una riduzione reale dei debiti tramite un’inflazione più elevata.

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