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Borse caute dopo bufera cinese, occhi a mosse Fed

(Keystone-ATS) Ultimo giorno di agosto e un altro strattone al ribasso per i listini europei guardando alla Fed e al prossimo aumento dei tassi.

I mercati chiudono il peggiore mese degli ultimi quattro anni, dopo la bufera cinese che ha portato a più di una svalutazione sullo yuan e a pesanti iniezioni di liquidità da parte della banca centrale di Pechino.

Lo Stoxx Europe 600 cede lo 0,1% con tutte le Piazze principali, ad eccezione di Londra chiusa per festività, in perdita: Parigi cala dello 0,47%, Francoforte dello 0,38%, Madrid è la peggiore con un -0,91 per cento. Milano recupera, invece, nel finale (-0,24% sotto i 22mila punti) sostenuta dagli acquisti su Saipem ed Eni.

Poco hanno influenzato la seduta i macro sull’inflazione (già peraltro noti) sia per l’Italia (ferma ad agosto allo 0,2% su l’anno) sia per l’Eurozona (stabile, 0,2 ad agosto sul mese di luglio). Tiene, comunque, lo spread che termina in area 116 punti dopo un avvio a 120. Così come in Asia a tenere banco anche nel Vecchio Continente è l’estrema volatilità che non dovrebbe portare ad un nuovo ‘panic selling’.

Gli investitori stanno cercando di valutare quando e se la Fed alzerà il costo del denaro (il primo dal 2006). Le scommesse su un aumento dei tassi da settembre sono salite dopo che il vice presidente della Federal Reserve, Stanley Fischer ha detto al simposio di Jackson Hole che ci sono “buone ragioni” per credere che inflazione accelererà. Non c’è però un messaggio chiaro ed è quello che il mercato si attende.

Ma non basta, il mercato vuole capire quanto il rallentamento della Cina ‘costerà’ alle altre economie. Un indicazione in tal senso, potrebbe arrivare già questa notte con gli indici delle Pmi cinesi. Quello manifatturiero elaborato dalla Federazione cinese di logistica e acquisti è atteso in calo a 49,7, dal 50 segnato a luglio. Quello manifatturiero elaborato da Caixin e Markit è, invece, previsto stabile a 47,1. Goldman Sachs alla vigilia ha rivisto le sue previsioni sul Pil cinese, abbassando le stime di crescita per il 2016 dal 6,7 al 6,4%, quelle per il 2017 dal 6,5 al 6,1% e quelle per il 2018 dal 6,2% al 5,8%.

Goldman, rileva che la svalutazione dello yuan, la più consistente in due decenni di stabilità, ha accelerato l’uscita di capitali mentre il settore industriale è sotto pressione per il rallentamento dell’export e degli investimenti governativi in infrastrutture e per un irrigidimento delle condizioni di credito. C’è poi attesa giovedì per il board della Bce, il primo dopo la pausa estiva.

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