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Cameron dà battaglia, ma trova muro Ue su welfare

(Keystone-ATS) La ‘Brexit’ piomba sul tavolo del vertice europeo, dopo gli scontri per la crisi dei migranti.

Mentre il 47% degli inglesi, secondo un sondaggio del filogovernativo Telegraph, è a favore dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue (e solo il 38% è contrario), David Cameron nella cena dei leader a porte chiuse prova a trattare un accordo che gli permetta di salvare la faccia.

Arrivando a Bruxelles promette battaglia: “Mi batterò tutta la notte per arrivare ad un buon accordo”. Concede di non aspettarsi un ‘sì’ per oggi, ma ribatte una volta di più di voler “vedere veri progressi su tutte e quattro le aree delle richieste”.

Ma sa già di trovare un muro sull’idea di bloccare per quattro anni l’accesso ai benefici del welfare britannico per i cittadini europei che si trasferiscono a lavorare nel Regno Unito. Non c’è alcun compromesso possibile, spiegano i diplomatici. Sarebbe una discriminazione, assolutamente vietata dai trattati Ue.

“Alcune parti delle proposta britannica sembrano inaccettabili” dice con diplomazia il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Ed aggiunge che se si trova un terreno comune, un accordo potrebbe essere possibile “al vertice di febbraio”. Ma le restrizioni al welfare sono il nodo: tutti gli altri 27 leader consultati dal polacco hanno annunciato il ‘no’.

È anche il tema che ha portato Cameron – secondo il Financial Times – a “ficcarsi in un buco”. Perché è stato l’argomento centrale nella trionfale campagna elettorale. Ed ha continuato a cavalcarlo anche se da mesi Bruxelles ripete che è impossibile ammettere discriminazioni che limitino la libera circolazione dei lavoratori nella Ue. Che è uno dei “valori fondamentali” dell’Unione.

E la cena, spiegano fonti vicine a Tusk, deve servire “a definire le linee rosse” in un “confronto politico” in cui Cameron “spiega” ai colleghi “quali sono le sue necessità e le sue opzioni”. Gli sherpa europei e britannici negli ultimi mesi hanno esplorato tutte le possibili vie, senza trovare soluzioni.

“I leader hanno la tendenza a pensare che i limiti giuridici siano sempre superabili con soluzioni politiche, ma in questo caso è impossibile” confida un alto diplomatico di uno dei sei paesi fondatori. Ed il presidente francese François Hollande non lascia spazio a interpretazioni: “È impossibile rivedere i principi su cui si fonda l’Ue perché la Gran Bretagna lo chiede”.

Su governance economica, regole sulla competitività, sovranità e ruolo per i parlamenti nazionali – gli altri tre ‘basket’ di richieste, come li definisce Cameron – l’inquilino di Downing Street trova aperture. Perché è chiaro a tutti che questo modello di Ue ha bisogno di riforme profonde.

“Siamo contenti se apriamo una discussione sul futuro” dice il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, specificando di avere “iniziative e idee comuni” col britannico per “lavorare insieme sui tagli alla burocrazia, sull’economia digitale, sull’innovazione”.

L’importante, aggiunge il presidente del Consiglio, è che “il Regno Unito continui a rimanere nella Ue”. Ed oggi sembra l’unico punto in comune con Angela Merkel.

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