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Canditati repubblicani, sì a intervento in Libia

(Keystone-ATS) Su una cosa i candidati repubblicani, da Donald Trump a Jeb Bush, sembrano tutti d’accordo: serve un’escalation della lotta all’Isis e gli Stati Uniti devono intervenire in Libia. Con i raid aerei e con truppe di terra.

L’ultimo dibattito tv prima delle primarie in New Hampshire di martedì 9 febbraio, non regala molte emozioni. Trump, il frontrunner, sembra uscirne indenne, mentre un po’ in ombra appare quello che finora è stato il suo più diretto avversario, il senatore ultraconservatore Ted Cruz. E non brilla neanche Marco Rubio, in ascesa nei sondaggi dopo il buon piazzamento in Iowa ma che ha forse perso l’occasione per segnare una svolta, per il salto di qualità. Attaccato duramente dagli altri, soprattutto dal governatore del New Jersey Chris Christie, secondo molti commentatori ha fatto il suo peggior dibattito da quando è iniziata la campagna elettorale.

La politica estera è uno dei temi principali della serata: e non potrebbe essere diversamente a pochi minuti dall’annuncio del nuovo test missilistico della Corea del Nord. Su cosa fare nei confronti di Pyongyang i protagonisti sul palco vanno in ordine sparso: da Jeb Bush che chiede sanzioni più severe, a Donald Trump che suggerisce di far risolvere il problema alla Cina, che di fatto – afferma – “ha un controllo assoluto” del regime di Pyongyang.

Sulla lotta all’Isis i candidati si compattano. Per Bush è necessario intervenire al più preso in Libia, innanzitutto con nuovi raid aerei “in concerto con gli alleati arabi ed europei”. “Ma – ha aggiunto – la storia ci insegna che se dopo non facciamo nulla tutto finisce nel caos”. Dunque, servono anche i cosiddetti ‘boots on the ground’.

E anche Marco Rubio parla della necessità di raid e di “truppe di terra guidate dagli Usa”, parlando di ‘fiction’ inventata da Obama la discriminazione dei musulmani in America. Mentre Donald Trump si concentra sulla necessità di assicurare il controllo del petrolio per togliere potere all’Isis, in Libia come in Siria e in Iraq. Più ‘fumoso’ Ted Cruz, che insiste con la sua idea di “bombardamenti a tappeto” sull’Isis, sottolineando come gli Stati Uniti “dovrebbero utilizzare una forza schiacciante, uccidere il nemico e poi andare via”.

Una delle poche fiammate della serata l’ennesimo scontro tra Trump e Bush. Quest’ultimo, approfittando della serata ‘no’ di Rubio, cerca di riguadagnare terreno come candidato più moderato, e accusa il miliardario newyorchese di sostenere la politica degli espropri, accusandolo di avere anche cacciato le vecchiette per costruire i suoi casinò ad Atlantic City.

“Un parcheggio per limousine – incalza – non giustifica un esproprio per pubblica utilità”. È l’unico momento in cui Trump perde le staffe: “Stai zitto”, dice rivolto a Bush e alzando il dito indice sul naso. “Vuole fare il duro”, insiste, ma si becca un sonoro ‘buuuu’ dalla platea.

Cerca di rifarsi attaccando Hillary Clinton: “Io ho il temperamento giusto per fare il presidente. La batterò facilmente. Non possiamo avere altri quattro anni di Barack Obama. E sono l’unica persona contro cui lei non vorrebbe gareggiare”. L’ex first lady ironizza su Twitter postando un frammento di video in cui se la ride.

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