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CF: coronavirus, Confederazione paga i test

Berna vuole evitare che qualcuno rinunci al tampone per una questione finanziaria. KEYSTONE/TI-PRESS/ALESSANDRO CRINARI sda-ats

(Keystone-ATS) Da domani l’integralità delle spese per i test del coronavirus saranno a carico della Confederazione. Il Consiglio federale ha optato oggi per semplificare il sistema: finora ad assumersi i costi erano le casse malati o i Cantoni.

L’inversione di rotta vuole evitare che qualcuno rinunci al tampone per non dover rimetterci di tasca propria.

La novità, raccomandata anche dall’apposita task force creata durante l’epidemia, è stata presentata in conferenza stampa a Berna dal “ministro” della sanità Alain Berset. I test ad ampio spettro per rilevare la presenza del SARS-CoV-2 sono il pilastro dell’attuale strategia studiata contro il Covid-19 e un rigoroso tracciamento dei contatti è giudicato fondamentale per interrompere le catene di trasmissione.

Assumendosi il totale degli oneri da domani – ma non retroattivamente – il governo vuole eliminare la disparità di trattamento attuale. Sino ad oggi infatti, se le spese sono a carico dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie – succede nel caso di sintomi gravi o di individui con elevato pericolo di complicazioni – chi fa l’esame deve pagare franchigia e partecipazione ai costi. Se però esse ricadono sui Cantoni, il diretto interessato non deve sborsare un centesimo. Ciò vale per persone con sintomi leggeri non appartenenti a gruppi a rischio.

Togliere ogni ostacolo

Con questa misura si vogliono incoraggiare le persone a farsi testare, così da reagire rapidamente a un’eventuale impennata – la tanto temuta seconda ondata di casi – della curva epidemiologica. Ora che la situazione straordinaria è ormai alle spalle e praticamente tutti i provvedimenti adottati contro il coronavirus sono stati allentati o aboliti, l’esecutivo ritiene indispensabile un monitoraggio accurato e si gioca la carta del pagamento dei test per ridurre al minimo la possibilità che un infettato sfugga alle maglie dei controlli. “L’aspetto finanziario non deve essere un ostacolo per nessuno”, ha puntualizzato Berset, “nemmeno per chi ha sintomi leggeri”.

Dal salvadanaio federale verranno presi sia i soldi per i tamponi con cui si diagnostica l’infezione sia quelli per i test sierologici per individuare eventuali anticorpi, sinonimo di vecchio contagio. Questi ultimi al momento non sono comunque raccomandati dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP). Nel primo caso sarà rimborsato un importo forfettario di 169 franchi, nel secondo di 113. Stando alle parole di Berset, l’esecutivo chiederà un credito supplementare di 288 milioni di franchi e si aspetta di poter svolgere 8000 esami al giorno.

Focolaio tedesco un avvertimento

Riguardo alla situazione generale, “i numeri sono piuttosto stabili e bassi, ma il quadro resta fragile, come abbiamo visto in Germania”, ha detto il consigliere federale facendo riferimento al maxifocolaio scoppiato fra i dipendenti di un mattatoio della Tönnies, in Vestfalia. Bisogna dunque mantenere alta l’attenzione, in particolare “con vacanze e viaggi all’estero” alle porte, ha aggiunto il titolare del Dipartimento federale dell’interno (DFI).

Per quel che concerne la Svizzera, Stefan Kuster, capo della Divisione malattie trasmissibili dell’UFSP, ha fatto sapere che i nuovi contagi sono distribuiti omogeneamente sul territorio. Non si è quindi per ora verificato un epicentro come quello nella regione tedesca. Stuzzicato da un giornalista, Berset ha poi aggirato con diplomazia la polemica sulle dichiarazioni di Matthias Egger, il capo della task force della Confederazione, che di recente ha bollato come precoce l’allentamento deciso da Berna. “Non mi sono arrabbiato, c’è di peggio, ci sono molte opinioni e ognuno ha diritto alla propria”, ha affermato con un sorriso il friburghese.

App disponibile da domani

Nel corso della sua seduta odierna, adottando la relativa ordinanza, l’esecutivo ha inoltre confermato il via libera per l’impiego della nuova app SwissCovid in tutto il Paese. Già nei giorni scorsi l’UFSP aveva annunciato che essa sarebbe stata disponibile dal 25 giugno su Apple Store e Google Play Store.

Pur non essendo uno strumento obbligatorio, il Consiglio federale raccomanda di farne uso, in modo da poter completare il tracciamento classico dei contatti e mettere in quarantena chi si è avvicinato a una persona risultata poi positiva al virus. L’app, tramite una notifica, avvisa del potenziale rischio per la salute gli utenti che l’hanno scaricata sul proprio smartphone e che si sono trovati per un certo lasso di tempo nei paraggi di un contagiato, a condizione ovviamente che anche questi l’avesse installata precedentemente sul suo cellulare.

Tutto facoltativo

In caso di una positività, il servizio medico cantonale invia alla persona infetta il cosiddetto codice Covid da immettere nell’app. Pure questo passaggio, è bene ricordarlo, è facoltativo. Dal canto loro, gli altri utenti coinvolti riceveranno l’indicazione del giorno in cui è avvenuto il contatto, l’informazione che l’UFSP gestisce una linea di consulenza telefonica gratuita e le raccomandazioni di comportamento.

A chi verrà ordinato di mettersi in quarantena spetterà l’indennità di perdita di guadagno per il coronavirus. Ciò invece non vale per le persone che, ricevuta una notifica, optano per un isolamento volontario, senza che gli sia stato imposto da un’autorità o da un medico.

Il “ministro” non si è sbilanciato sul livello di diffusione necessario per ottenere risultati: “Non sappiamo quanti download servano per rendere l’app utile ed efficace”. Berset ha invece sottolineato con soddisfazione che le prove effettuate nelle scorse settimane hanno avuto feedback positivi. I test, in particolare incentrati su sicurezza e usabilità, sono cominciati il 28 maggio e non hanno rilevato criticità o problemi sistemici.

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