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Cina: il caso cartoline “è una farsa”

Geng Shuang KEYSTONE/AP/ANDY WONG sda-ats

(Keystone-ATS) Una “farsa”. Così il ministero degli Esteri cinese ha liquidato la richiesta d’aiuto che un gruppo di detenuti nel carcere di Qingpu ha affidato alle cartoline di Natale vendute nella catena di supermercati britannica Tesco.

“La prigione di Shanghai non ospita detenuti stranieri sottoposti a lavori forzati”, ha dichiarato il portavoce Geng Shuang. Anche l’azienda che fornisce i bigliettini a Tesco, la Zhejiang Yunguang Printing, ha negato di aver utilizzato detenuti stranieri ai lavori forzati. “Mai fatta una cosa del genere”, ha dichiarato un portavoce alla Bbc.

Il messaggio a Londra da un carcere cinese

Il caso è scoppiato dopo che una bambina di 6 anni aveva acquistato in un supermercato Tesco di Londra un biglietto da offrire a una delle sue amiche decorato dall’immagine di un gattino con il cappello di Babbo Natale. Nella cartolina era stato trovato un messaggio apparentemente scritto da un gruppo di detenuti di un carcere cinese.

“Siamo prigionieri stranieri nel carcere di Qingpu, a Shanghai. Siamo costretti a lavorare contro la nostra volontà, per favore aiutateci e denunciate il nostro caso ad un’organizzazione che difende i diritti umani”, era scritto nella cartolina.

L’appello, in stampatello per non rendere la grafia riconoscibile, era accompagnato dalla richiesta di contattare un certo ‘Mr Peter Humphrey’. La bimba ha subito mostrato al padre l’insolita cartolina di Natale. Lui, incuriosito dal nome, si è messo su Google ed ha scoperto che Humphrey è un giornalista britannico arrestato in Cina e incarcerato per sei mesi nella prigione citata nel messaggio. Dopo essere stato contattato dall’uomo, Humphrey ha raccontato sul Sunday Times questa triste storia di Natale.

Chi siano i detenuti che sono riusciti a far filtrare la loro richiesta d’aiuto non è chiaro. Humphrey ha detto alla Bbc di ritenere che gli autori siano stati suoi compagni nel periodo che ha trascorso nella prigione di Shanghai tra il 2013 e il 2015. Con lui, nel blocco degli stranieri, c’erano oltre 200 persone suddivise in 12 per cella, dotate soltanto di un letto arrugginito e di un materasso spesso non più di un centimetro. Il giornalista ha rivelato anche di aver riconosciuto la grafia ma che non rivelerà mai il nome del detenuto. “Quando ero in carcere il lavoro manifatturiero era volontario, serviva per acquistare sapone e dentifricio. Adesso so che è diventato obbligatorio”, ha raccontato spiegando di essere ancora in contatto con alcuni dei prigionieri anche se la censura nelle carceri è aumentata. Se dovessero essere scoperti, i detenuti autori del messaggio rischiano fino ad un mese in isolamento.

Grande l’imbarazzo di Tesco di fronte alla scoperta. Il gigante britannico ha subito interrotto i rapporti con i suoi fornitori cinesi ed annunciato l’apertura di un’indagine. “Siamo scioccati. Non permetteremmo mai che le aziende che lavorano con noi usino campi di lavoro”, ha fatto sapere ieri il portavoce del gruppo. Ma è evidente che nel Regno Unito, e non solo, esiste un problema di monitoraggio dei fornitori dalla Cina che spesso vengono preferiti per i prezzi bassi ai quali vendono i loro prodotti. Inoltre, i biglietti di Natale che accompagnano i cosiddetti ‘charity packs’ sono utilizzati per finanziarie organizzazioni benefiche come la British Heart Foundation, Cancer Research UK e Diabetes UK che quest’anno, ad esempio, hanno incassato 300’000 sterline dalle vendite.

Non è la prima volta che messaggi di prigionieri in Cina appaiono in Gran Bretagna. A Natale 2017 la signora Jessica Rigby di Braintree, nell’Essex, trovò alcune frasi in caratteri cinesi in un bigliettino venduto da un’altra grande catena di supermercati, Sainsbury’s. Le fece tradurre e venne fuori che si trattava di un messaggio “d’auguri e fortuna” da un campo di lavoro del carcere di Guangzhou.

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