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Cina: rallenta economia, +6,7% in primi 3 mesi 2016

(Keystone-ATS) La Cina segna nei primi tre mesi del 2016 una crescita del 6,7%, al ritmo più lento dal 2009 e inferiore al 6,8% di ottobre-dicembre 2015.

Il rialzo, il più debole dal primo trimestre del 2009, quando il Pil si attestò a +6,2% per la crisi finanziaria innescata dal default di Lehman Brothers, è nel range di 6,7-6,9% atteso dagli analisti e in linea con l’obiettivo di 6,5-7% contenuto nel piano quinquennale al 2020, illustrato dal premier Li Keqiang.

“Quanto alle cifre su produzione, domanda, consumi e mercati, ogni cosa sembra volgere verso il meglio”, ha affermato Sheng Laiyun, direttore generale del Dipartimento di statistica e portavoce dell’Ufficio nazionale di Statistica, illustrando i dati. “Abbiamo visto segnali positivi di crescita e l’economia si sta muovendo meglio di quanto ci aspettavamo”, ha aggiunto.

Un sostegno deciso è giunto dagli investimenti immobiliari (+6,2% contro il +5,2% di 12 mesi fa): il real estate vale circa 7-8 punti percentuali in termini di composizione del Pil. Gli altri indicatori diffusi hanno mostrato segnali di stabilizzazione: vendite al dettaglio a +10,5% e produzione industriale a +6,8%, in entrambi i casi meglio delle previsioni.

I listini di Borsa, però, si sono mostrati freddi: l’indice Composite di Shanghai ha ceduto lo 0,14%, quello di Shenzhen lo 0,20%, con Hong Kong poco mossa a 21.316,47 punti.

Il Pil marca il “graduale rallentamento” della Cina: il passo ancora robusto denota l’abilità delle autorità nell’erogare stimoli all’economia, ha osservato Moody’s in una nota. Un supporto che potrebbe causare squilibri sul lungo termine per il netto trend all’insù degli investimenti da parte delle imprese statali saliti del 23,3%, con ripercussione sulla redditività degli asset e la sostenibilità della crescita di lungo periodo.

Inoltre, ci sono anche differenze crescenti tra i diversi settori con i servizi in aumento e il manifatturiero in affanno.

Le misure adottate finora hanno contribuito alla ripresa del real estate: ad ogni modo, ha osservato Marie Diron, senior vice president di Moody’s, “se la capacità creata non trova domanda in termini di qualità e locazione immobiliare, il rischio è di una nuova correzione nel settore”. Con effetti pesantissimi.

In altri termini, il processo di trasformazione dell’economia è ancora lungo e il passaggio dal modello export/manifattuiero a quello servizi/consumi richiede tempo e, soprattutto, attuazione delle riforme strutturali, anche se impopolari.

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