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Copenaghen: il killer giurò fedeltà all’Isis su facebook

(Keystone-ATS) Sul profilo Facebook si chiamava Abu Ramadan Almuhajir, preceduto da “in ricordo di”, come se Omar Abdel Hamid El-Hussein, il giovane danese di 22 anni con origini palestinesi, ritenuto l’autore degli attacchi al centro culturale e alla sinagoga di Copenaghen con due morti e cinque feriti, avesse preparato il proprio epitaffio, dedicando una pagina-memoriale alla sua morte.

È sulla sua bacheca che alle 15:24, nove minuti prima di aprire il fuoco al centro culturale Krudttonden, “giura fedeltà” al califfo dello Stato islamico “Abu Bakr” Al-Baghdadi. “Gli obbedirò nell’avversità e nella prosperità”, scrive.

Poco prima, alle 15:01 sulla pagina compare un breve testo del Corano in arabo. Probabilmente il secondo verso della Sura Al-Hashr, che racconta dell’espulsione di una tribù ebraica. Alle 14:57 un video prodotto da “Musulmani orgogliosi” dal titolo “Presto presto. Qariban Qariban. Ultima Dawalh. Canto del Califfato”. Sembra, lo stesso usato come colonna sonora dall’Isis per il filmato in cui veniva bruciato vivo, in una gabbia, il pilota giordano.

Alle 14:39 sono postate foto in cui si vede una bandiera della Palestina bruciata e calpestata, col commento: “brucia questa falsa bandiera, di colonialismo e umiliazione”. L’account non contiene alcuna fotografia del ragazzo cresciuto a Mjolnerparken, quartiere a nord-ovest della capitale danese, e la sua lista di amici non è pubblica. Ma i “mi piace” ai vecchi post sono quelli degli amici del Copenaghen Muay Thai Club, dove El-Hussein si allenava, e di rifugiati della comunità palestinese in Giordania, Paese in cui il giovane (figlio di rifugiati palestinesi, arrivati in Danimarca via un campo profughi giordano) aveva trascorso alcuni anni dell’adolescenza.

Intanto i servizi di sicurezza e di intelligence (Pet) ammettono di essere stati allertati dalle autorità del carcere sul comportamento estremista di El-Hussein. Proprio mentre si trovava in prigione, il giovane avrebbe detto di voler andare a combattere in Siria. Ma sulla base del dossier ricevuto a settembre, sostengono gli 007, non c’era alcuna ragione per ritenere che stesse pianificando un attentato.

Alla luce di ciò che sta emergendo, monta la polemica. Il principale partito di opposizione, il Venstre, così come esponenti di altre formazioni politiche, chiedono se “la polizia o il Pet (servizi di spionaggio, ndr) abbiano compiuto degli errori”. E invece c’è chi addirittura, per ringraziare le forze dell’ordine, lascia tracce di baci col rossetto sugli sportelli bianchi delle volanti.

A gettare acqua sul fuoco è anche il vignettista svedese Lars Vilks, probabile bersaglio principale dell’attentato al centro culturale: “è estremamente difficile valutare quanto queste persone possano essere pericolose, perché ci sono tanti elementi criminali. Avere una fotografia chiara di come possano potenzialmente essere pericolosi è davvero complesso”.

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