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Coronavirus: in Svizzera oltre 10’000 casi e 160 morti

Daniel Koch dell'UFSP durante la conferenza stampa odierna. KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Il bilancio delle vittime legate al coronavirus in Svizzera sale a 161, rispetto ai 103 morti annunciati ieri. I casi sono invece 10’714, con una progressione di 1002 nuovi contagi confermati dai laboratori, precisa l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).

Dei 91’400 test effettuati finora, circa il 14% è risultato positivo. In Ticino – in base ai dati forniti alle 8.00 – i decessi sono 67, in aumento di sette unità. I nuovi casi sono 47 per un totale di 1’401. Nei Grigioni le vittime sono invece salite da sei a nove, mentre le infezioni sono 373.

Scarti quotidiani da non sovrastimare

Le differenze da un giorno all’altro “non vanno sopravvalutate ed è pericoloso cercare di interpretarle”, ha detto Daniel Koch, capo della Divisione malattie trasmissibili dell’UFSP, nell’odierna conferenza stampa a Berna. I numeri sono infatti soggetti a forti fluttuazioni, in quanto le segnalazioni non sempre giungono con lo stesso ritmo, ha spiegato. Le analisi vanno dunque fatte almeno su diversi giorni, se non su una settimana.

A causa di questi ritardi, vi è una discrepanza, evidente dall’inizio della crisi, fra le cifre ufficiali fornite dalla Confederazione e quelle reali. Secondo un calcolo dell’agenzia Keystone-ATS, le persone che hanno perso la vita dopo aver contratto il Covid-19 sono almeno 170. Quest’ultimo conteggio si basa sui dati dei Cantoni.

Sollecitato sulla possibilità, Koch ha scartato l’idea di esporre una parte della popolazione al virus, per ottenere la cosiddetta immunità di gregge. A suo giudizio, percorrere questa strada “sarebbe eticamente impensabile”. Il picco dell’epidemia non è stato ancora raggiunto, quindi è troppo presto per pensare di alleviare la situazione per l’economia, ha aggiunto Koch.

Stasera svizzeri rientrati saranno 1400

Intanto prosegue senza sosta il rimpatrio degli svizzeri bloccati all’estero. Stamane un charter da Lima, capitale del Perù, è atterrato a Zurigo con a bordo 289 persone, fra cui 231 cittadini elvetici e 56 stranieri residenti nella Confederazione.

Si tratta del quarto volo nell’ambito di questa vasta operazione di recupero, dopo quelli arrivati negli scorsi giorni da San José (Costa Rica), Casablanca (Marocco) e Bogotà (Colombia). Un quinto toccherà terra stasera portando a 1400 i cittadini già rimpatriati, ha affermato Johannes Matyassy, capo della Direzione consolare del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

“Contiamo di riportare a casa 3500 persone entro il 4 aprile”, ha proseguito, ringraziando chi è rientrato autonomamente durante una prima fase. Molti altri voli sono previsti prossimamente, per esempio da Filippine, Thailandia e Australia. Stando a Matyassy, America Latina, sud-est asiatico e Oceania sono le regioni che più richiedono attenzione al momento. Il DFAE è a conoscenza di diversi casi di malattia fra i turisti svizzeri, con un decesso.

Lavoro ridotto per un ticinese su tre

Boris Zürcher, capo della Direzione del lavoro della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), è intervenuto per il quotidiano aggiornamento sul lavoro ridotto. I dipendenti interessati dalle domande, depositate da 42’000 imprese, sono saliti a 570’000, circa l’11% del totale del personale. “In Ticino questa percentuale è del 34%”, ha precisato il funzionario. Come noto, fra i settori più colpiti vi sono l’industria alberghiera, la ristorazione e l’arte.

Dal canto suo, il vicedirettore dell’Ufficio federale della protezione della popolazione (UFPP) Christoph Flury ha comunicato che i membri della protezione civile in servizio nell’ambito della crisi legata al coronavirus sono 5500. La domanda è particolarmente alta in Ticino e in Romandia.

“Siamo pronti a questa maratona”, ha assicurato Flury, secondo cui in totale 76’000 persone potrebbero essere mobilitate. È obbligatorio rispondere alla convocazione: sono invece esentati i cittadini impegnati con il loro lavoro in settori di vitale importanza. La protezione civile garantisce sostegno soprattutto al sistema sanitario.

Anche l’esercito sta continuando a chiamare a raccolta le proprie truppe. Stando al brigadiere Raynald Droz, capo di stato maggiore del Comando Operazioni, i cantoni hanno inoltrato 249 richieste d’aiuto. Per far fronte a ciò, altre compagnie sanitarie sono state scomodate.

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