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Coronavirus: Salathé critica Cantoni e Confederazione, troppo lenti

Secondo Marcel Salathé, professore di epidemiologia al Politecnico federale di Losanna e membro della task force "Swiss National Covid-19 Science", ci vuole un lasso di tempo decisamente inferiore tra il risultato del test e la prima chiamata ai relativi contatti KEYSTONE/PETER KLAUNZER sda-ats

(Keystone-ATS) Dure critiche all’indirizzo di Cantoni e Confederazione per la gestione della pandemia: secondo l’epidemiologo Marcel Salathé bisogna essere più veloci e più efficienti in merito ai risultati dei test e nel tracciamento dei contatti.

“Non bisogna fare di più, ma fare meglio”, sostiene Salathé, professore di epidemiologia al Politecnico federale di Losanna e membro della “Swiss National Covid-19 Science Task Force”, in un’intervista pubblicata oggi sul Tages Anzeiger e altre testate del gruppo Tamedia.

Secondo Salathé è necessario un cambiamento di attitudine, poiché il virus non segue gli orari d’ufficio dei funzionari. “Perché scendono sempre nei fine settimana e risalgono sempre il mercoledì?”, si chiede. “In molti casi bisogna aspettare due o tre giorni per il risultato del tampone e poi ancora altri due o tre giorni prima che si raggiungano le persone con cui l’infetto è stato a contatto”, critica l’epidemiologo, aggiungendo che in tale periodo il virus circola e colpisce altre persone.

“Operativamente si tratta di attività a livello cantonale”, ritiene Salathé, che poi aggiunge: “I cantoni devono ripensare il loro approccio, e qualcuno deve finalmente battere i pugni sul tavolo”.

Il contact-tracing è l’alternativa intelligente al lockdown, che rappresenta invece una quarantena collettiva. Se il tracciamento funzionasse correttamente, sarebbe una misura sufficiente. Ci vuole però un lasso di tempo decisamente inferiore tra il risultato del test e la prima chiamata ai relativi contatti.

Salathé si dice “preoccupato” dalla ripresa dei contagi. “La dinamica sta andando completamente nella direzione sbagliata”, aggiunge. Al momento sono in particolare i giovani a infettarsi, indica l’epidemiologo, avvisando però che prima o poi il virus inizierà a diffondersi anche tra la popolazione più anziana.

App

Salathé ha poi fatto riferimento all’applicazione SwissCovid, di cui è uno degli ideatori. “Potrebbe dare un importante contributo, se utilizzata correttamente”, sostiene, ma anche in questo ambito bisogna essere più veloci nell’avvisare i contatti in caso di un risultato positivo al tampone. Finora solo il 25% della popolazione l’ha scaricata.

L’esperto critica anche la Confederazione per le lacune a livello digitale: “Abbiamo una crisi in questo senso. Per alcuni processi essenziali, lo stato non è nemmeno all’età della pietra”, afferma.

Non è accettabile che vengano ancora inviati dati via fax, ritiene Salathé, riferendosi alle difficoltà – e i conseguenti errori grossolani – riscontrate dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) nella comunicazione delle informazioni. Questo mi preoccupa molto, dice ancora l’epidemiologo, secondo cui “l’efficienza dovrebbe essere un obbligo”.

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