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Coronavirus: turismo in sofferenza

L'Hotel Schweizerhof di Lucerna. KEYSTONE/URS FLUEELER sda-ats

(Keystone-ATS) L’attuale epidemia di coronavirus è un vero e proprio tsunami per il turismo: molti alberghi sono in difficoltà a causa dell’annullamento delle prenotazioni.

Le risposte alla crisi variano: c’è chi ha deciso di chiudere e chi tiene aperto per il momento il proprio esercizio nell’attesa ripartire non appena la situazione tornerà normale.

È vero: il Consiglio federale non ha incluso gli hotel nella lista della attività che devono chiudere a causa del Covid-19, diversamente da ristoranti, concessionari di automobili o altri negozi non alimentari. Gli albergatori possono continuare ad accogliere ospiti, rispettando però rigorosamente le regole d’igiene, compreso il distanziamento sociale.

Tra le poche strutture ancora aperte figurano gli hotel Novotel e Ibis Budget di Crissier (VD). A Keystone-ATS, il direttore di queste due strutture, Franck Fleury, spiega che un albergo chiuso costa denaro alla luce del fatto che molti impegni con i fornitori hanno durata annuale”. Chiudere avrebbe senso se il tasso di occupazione scendesse sotto il 5% e ciò non è stato il caso per questi due alberghi in marzo. Ciò spiega perché siamo ancora aperti”, ha sottolineato.

Secondo Fleuy è possibile risparmiare a livello di costi variabili; diversi collaboratori beneficiano del lavoro ridotto per quelle sezioni dell’albergo che sono state chiuse, come il bar e il ristorante. Tuttavia è impossibile colmare le enormi perdite dovute al tracollo delle prenotazioni: -70% in marzo e -98% in aprile. Tali cifre significano in soldoni diverse centinaia di migliaia di franchi in meno d’incasso.

Situazione simile negli altri hotel del gruppo Accor in Svizzera a prescindere dall’ubicazione e dal segmento di prezzo. Affinché un albergo funzioni è necessario che la gente si muova, afferma sconsolato Fleury.

Uno studio della sede vallesana dell’Alta Scuola Specializzata della Svizzera occidentale conferma la difficile situazione del settore: stando a una sondaggio tra gli albergatori, le prenotazioni sono calate del 69% in marzo, del 90% in aprile e del 73% in maggio. Conseguenza? Il 57% delle strutture ha chiuso i battenti e il 21% ha chiuso solo in parte.

L’hotel Schweizerhof di Lucerna ha preferito chiudere. “Non ha senso rimanere aperti per un pugno di clienti”, dice a Keystone-ATS il direttore Clemens Hunziker. “Chiudendo possiamo ridurre i costi in modo mirato e coordinato”.

Tra gli autori dello studio, Miriam Scaglione non si dice sorpresa da questa decisione. “È una reazione naturale dal momento che le prenotazioni su Booking sono scese in media dell’81%. Gli hotel hanno cercato semplicemente di ridurre l’impatto della catastrofe”. Anche nel 2003 il settore aveva subito l’impatto della Sars, ma questa volta l’epidemia di coronavirus è di tutt’altra portata. “La Sars non è nulla se paragonata alla pandemia attuale”, dichiara Scaglione.

Stando al sondaggio, gli alberghi valutano il rischio di fallimento al 23%: si tratta di un impatto considerevole se raffrontato con il numero di impieghi a tempo pieno nel settore alberghiero e della ristorazione (238’900).

Dovendo far fronte a un’ondata di disdette per marzo e aprile, i due alberghi diretti da Franck Fleury hanno optato per il rimborso caso per caso. “Un rimborso generalizzato ci esporrebbe a dei problemi di liquidità”, spiega il manager.

I problemi giuridici legati alle disdette sono complessi, afferma Karin Sieber a nome di Hôtellerie Suisse, dicendo che i casi di valutano singolarmente. In linea di principio, però, è possibile accollare al cliente alcuni costi se è in grado di venire e se l’hotel può offrire ancora dei servizi.

“Nel caso di una località sciistica chiusa è comprensibile che un cliente non voglia più venire – spiega Sieber – ma da un punto di vista giuridico, nella maggioranza dei casi non è un motivo valido per annullate la prenotazione”.

Da parte sua, Clemens Hunziker dello Schweizerhof di Lucerna sostiene che tutti i clienti sono stati trattati allo stesso modo. I clienti hanno pagato i costi di annullamento in conformità alle clausole contrattuali ma si sono visti restituire la metà della somma sotto forma di buoni da utilizzare in un secondo tempo. Quando l’annullamento è legato alla soppressione di una manifestazione decisa dal Consiglio federale, è stato rimborsato il 100% dei costi di annullamento.

Al momento, secondo Hunziker, si stima che il coronavirus peserà sul fatturato dell’albergo nella misura del 30-40%, pari a qualche milione di franchi.

Nella maggior parte dei casi, gli alberghi non possono fare affidamento sulle assicurazioni per compensare le perdite operative. Secondo Sieber, spesso simili perdite dovute a pandemia non possono nemmeno essere assicurate oppure, in caso contrario, l’assicuratore interviene solo quando viene decretata la chiusura da parte delle autorità. E ciò non è ancora il caso in Svizzera. “Tutto ciò rende la situazione molto difficile per gli albergatori”, ha puntualizzato Karin Sieber.

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