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Coronavirus: Unia contro licenziamenti e per garanzie salariali

Unia chiede uno stop a licenziamenti e garanzie salariali a causa del coronavirus KEYSTONE/GEORGIOS KEFALAS sda-ats

(Keystone-ATS) In un appello al Consiglio federale, firmato da oltre 20’000 lavoratori, il sindacato Unia chiede di rinunciare a licenziamenti e di garantire i salari al 100% nonostante la crisi del coronavirus. Il testo è stato consegnato oggi alla Cancelleria federale.

Quasi un milione di persone si trovano attualmente in disoccupazione parziale e ricevono soltanto l’80% del loro salario abituale. Ma per numerosi lavoratori, una perdita in busta paga del 20% è difficilmente sopportabile per mantenersi e mantenere la loro famiglia, indica il sindacato in una nota odierna.

Sebbene la Confederazione garantisca alle imprese 60 miliardi di franchi di aiuti statali per far fronte alla crisi del coronavirus, le cifre della disoccupazione sono in aumento. “E ciò non è accettabile!”, deplora Unia.

Per questo motivo, assieme alle altre federazioni dell’Unione sindacale svizzera (USS), Unia ha lanciato un appello, corredato da 20’153 firme, al Consiglio federale.

Bassi salari particolarmente toccati

Circa la metà delle persone interessate dalla disoccupazione parziale lavora in settori a bassi salari. Una perdita in busta paga può pesare molto, soprattutto quando il reddito è già esiguo in tempi normali.

I dipendenti del ramo alberghiero e della ristorazione per esempio o i parrucchieri guadagnano circa 4’100 franchi al mese (a tempo pieno). Con una riduzione del salario del 20%, rimangono loro circa 3’300 franchi in busta paga. Per questo motivo Unia e le altre federazioni dell’USS chiedono di garantire i salari al 100%.

Mentre molti impieghi sono confrontati con perdite di salario, le cifre della disoccupazione sono in crescita. E ciò nonostante le indennità per il lavoro ridotto siano state introdotte proprio per preservare i posti di lavoro, si legge ancora nel comunicato. Secondo Unia, un’uscita dalla crisi solidale è necessaria e possibile. Ora spetta al Consiglio federale agire in tal senso.

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