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CSt: crimine organizzato, più severità per contrastare il fenomeno

(Keystone-ATS) L’armamentario legale per combattere le varie mafie va inasprito, poiché le disposizioni attuali non bastano più per contrastare un fenomeno pericoloso e in espansione.

Il Consiglio degli Stati ha adottato oggi una mozione in tal senso della sua Commissione degli affari giuridici volta a rivedere il Codice penale. Per il “senatore Fabio Abate (PLR/TI), questo passo è positivo, ma si può fare di più.

Stando al Ministero pubblico della Confederazione e alla Polizia giudiziaria federale, l’attuale articolo 260ter del Codice penale non è sufficiente per perseguire con successo le organizzazioni mafiose veramente pericolose e in particolare chi ne regge le fila.

“La norma penale attuale pone spesso degli ostacoli al perseguimento delle associazioni criminali meno pericolose. Ne consegue un numero molto basso di condanne, ha spiegato Claude Janiak (PS/BL) a nome della commissione.

Abate, bene rivedere norma, ma si deve fare di più

Stando al “senatore” ticinese Fabio Abate, è sacrosanto migliorare le disposizioni penali attuali per contrastare il fenomeno delle varie mafie che operano anche in Svizzera.

“Tuttavia – ha detto all’ats – si tratta soltanto di una faccia della medaglia: la procura federale deve anche poter contare su risorse in grado di capire il retroterra sociale e culturale degli individui che fanno parte o gravitano attorno a queste organizzazioni”.

Governo pronto a migliorare legge se necessario

Nel 2010, sollecitato su questo stesso problema, il Governo non aveva ritenuto opportuno di intervenire. Nella sua risposta scritta alla mozione, il Consiglio federale ammette che la lotta al crimine organizzato costituisce una grande sfida per le autorità inquirenti alla luce della “struttura compartimentata e clandestina” di queste mafie, caratteristica che “impedisce spesso di dimostrare la partecipazione di un individuo a un reato concreto”.

L’Esecutivo ammette anche che il campo di applicazione dell’articolo 260ter è “assai ristretto”, ciò che spiega anche il basso numero di condanne. Benché a livello di formulazione il Consiglio federale non ravveda motivi di intervento, si dice in ogni caso pronto “a esaminare l’opportunità di adeguare la disposizione tenendo conto delle esigenze della prassi e, se del caso, a presentare al Parlamento una versione migliorata”.

Il Nazionale deve ancora pronunciarsi.

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