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CSt: derrate alimentari, no lista nera per ristoranti non conformi

(Keystone-ATS) La Svizzera non deve dotarsi di “liste nere” dei ristoranti dall’igiene dubbia. Lo ha deciso oggi per 24 voti a 18 la Camera dei cantoni durante l’esame della legge sulle derrate alimentari. Con questo voto negativo, in sintonia con quanto chiedeva una minoranza di destra della commissione preparatoria, è stata respinta anche l’idea che i clienti potessero consultare i certificati di conformità.

Decidendo, in sintonia con quanto chiedeva una minoranza di destra della commissione preparatoria, di non volere alcun tipo di lista, è caduta anche l’idea che i clienti potessero consultare i certificati di conformità.

L’idea delle lista proposta dal Consiglio federale, in parte ripresa dal Nazionale, prevede di fornire gratuitamente ai ristoranti un certificato di conformità che informi su come vengono rispettate le principali norme previste dalla legge sulle derrate alimentari. Su richiesta, questo documento deve essere mostrato ai consumatori.

Anche in caso di gravi infrazioni di base – come la scoperta di carne avariata nel frigo – i ristoranti coinvolti avrebbero una seconda possibilità di ottenere il certificato entro sei mesi.

Il consigliere federale Alain Berset ha chiesto, invano, di mantenere l’idea dei certificati, anche nella versione “soft” del Nazionale. A suo avviso, senza una regolamentazione nazionale, vi è il rischio che ogni cantone faccia di testa propria, come Zugo, dove peraltro il sistema dei certificati sembra funzionare bene. Una maggiore trasparenza, inoltre, impedirebbe la diffusione nella popolazione di voci sulle condizioni d’igiene di un determinato ristorante, dicerie che potrebbero rivelarsi ben più dannose di un certificato.

Al voto, tuttavia, l’ha spuntata una proposta minoranza. Diversi oratori di destra hanno rimproverato alla Camera di voler trasformare la legge sulle derrate alimentari in una legga per la protezione dei consumatori.

I certificati, inoltre, darebbero ai consumatori una falsa impressione di sicurezza, dal momento che simili attestazioni fotografano le condizioni igieniche in un determinato momento, condizioni che nel frattempo potrebbero essere cambiate. Inoltre, si tratta anche di evitare un’eccessiva burocratizzazione del settore della ristorazione.

In risposta allo scandalo alimentare delle lasagne contenenti carne di cavallo non dichiarata, il Nazionale ha inserito nella legge l’obbligo di dichiarazione nelle etichette per tutte le derrate alimentari del paese di produzione, della denominazione specifica e della provenienza di tutte la materie prime.

Questa versione del Nazionale è stata respinta dagli Stati per 28 voti a 14, poiché considerata esagerata e difficile da verificare, specie per i prodotti molto lavorati. Per il ministro della sanità, la versione del Nazionale non impedirebbe le truffe alimentari, come quella della carne di cavallo, resa possibile da una falsificazione dell’etichetta.

Per la Camera dei cantoni, la provenienza delle materie prime va indicata nell’etichetta solo quando il Consiglio federale lo reputa necessario. Attualmente, è obbligatoria l’indicazione del paese di produzione e degli ingredienti per gli alimenti pre-imballati.

L’origine di una materia prima deve essere dichiarata quando quest’ultima compone oltre il 50% di un alimento e vi è il rischio di confusione. È il caso, per esempio, della carne secca dei Grigioni prodotta con materia prima importata dall’Argentina.

Gli Stati hanno poi deciso – seguendo il Consiglio federale e in opposizione al Nazionale – che l’acqua per le docce e la balneazione debba rispettare gli stessi criteri di qualità in tutta la Svizzera.

Contrariamente al Nazionale, i “senatori” non hanno voluto (20 voti a 19) inserire nella legge restrizioni delle pubblicità destinata ai bambini per gli alimenti troppo grassi, troppo zuccherati e troppo salati.

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