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Da Cina a Artico, ecco le 14 bombe ad orologeria per clima

(Keystone-ATS) Gli sforzi dei governi del mondo per limitare le emissioni di CO2 sono già esigui, ma alcuni progetti in giro per il pianeta sui combustibili fossili possono renderli assolutamente vani. Se messi in atto nella loro totalità, avverte Greenpeace che ha fatto il censimento di queste “bombe a orologeria” trovandone 14, questi piani faranno impazzire definitivamente il clima, con aumenti delle temperature molto maggiori di quelli previsti dagli esperti fino a questo momento.

I ‘dirty projects’ trovati dall’organizzazione ecologista vanno dalla massiccia espansione delle miniere di carbone in Cina, all’ampliamento dell’export dello stesso combustibile pianificata da Australia, Usa e Indonesia. Ci sono poi lo sviluppo di fonti di approvvigionamento di idrocarburi vari molto rischiose come le sabbie bituminose canadesi, i pozzi in profondità dell’Artico, e lo sfruttamento intensivo di giacimenti in Brasile, Iraq, Golfo del Messico e Kazakstan, oltre alla produzione di gas in Africa e nel mar Caspio.

Tutti i progetti, se portati a termine, aggiungeranno 300 miliardi di tonnellate di CO2 alle emissioni entro il 2050 attraverso la produzione e il consumo di quasi 50 milioni di tonnellate di carbone, più di 29 miliardi di metri cubi di gas naturale e 260mila barili di petrolio. La proiezione al 2020 parla invece di un 20% in più nelle emissioni, pari al contributo annuale degli Usa: “Questi progetti – scrive il rapporto – spingeranno le emissioni significativamente al di sopra di quella quota che gli scienziati indicano come ‘punto di non ritornò per non far diventare totalmente fuori controllo i cambiamenti climatici. Il pianeta finirà su una strada che porterà ad un aumento della temperatura media di 5-6 gradi entro il 2100, e non dei 2 gradi considerati come soglia ‘di sicurezza'”.

Al primo posto della classifica c’è il progetto delle cinque province nord occidentali cinesi di aumentare la produzione di carbone entro il 2015 di 620 milioni di tonnellate. Questo porterebbe a generare 1,4 miliardi di tonnellate di CO2 in più l’anno, praticamente le emissioni della Russia nel 2010.

Per quanto riguarda l’Australia, i piani per aumentare l’export di carbone di 408 milioni di tonnellate entro il 2025 produrrà 1,4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in più, praticamente tre volte la CO2 prodotta per i consumi domestici dal paese.

Non mancano le accuse ai ‘nuovi’ idrocarburi, quelli prodotti dalle sabbie bituminose o dalle argille: il progetto canadese di portare la produzione da 1,5 a 4,5 barili al giorno entro 20 anni aggiungerà 706 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.

“Tutti questi progetti sono spinti dai governi perché il mondo non ha ancora tagliato la propria fame di idrocarburi – spiega il rapporto – la stessa Europa, che si autoproclama capofila nella lotta ai cambiamenti climatici, è parte del problema, perchè i suoi consumi di carbone sono aumentati molto negli ultimi due anni”.

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