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Da nome vitigni a S. Marzano, querelle aperte con Bruxelles

(Keystone-ATS) Dall’olio tunisino al vino Lambrusco, al Pomodoro San Marzano, il confronto fra Roma e Bruxelles passa anche dal settore dell’agroalimentare, uno dei comparti dove brillano le eccellenze del made in Italy.

Mentre, infatti, si combatte una battaglia sulla flessibilità sul fronte politico, sono sul tavolo anche alcune questioni “agricole”.

L’ultimo fronte aperto pochi giorni fa tra Roma e Bruxelles è quello della varietà di pomodoro San Marzano che, secondo il commissario europeo all’agricoltura Phil Hogan, può essere coltivata anche al di fuori dell’area geografica delimitata, cioè quella della Dop italiana “Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino”. In particolare, preoccupa il fatto che questa varietà possa essere coltivata anche in Belgio, pur non venduta come Dop. Sempre sul fronte del pomodoro, produttori italiani e spagnoli hanno recentemente lanciato un allarme di “invasione” da parte di quello marocchino, ma secondo la Commissione europea i pomodori marocchini entrati nell’Ue negli ultimi mesi sono al di sotto della quota a tariffa agevolata consentita.

Altra questione spinosa è quella del tentativo da parte della Commissione europea di rivedere il regolamento che tutela i vini Dop e Igp. In particolare per tutte quelle denominazioni di vini, registrate e protette già dagli anni Sessanta e Settanta, che prendono il nome dal vitigno come Lambrusco, Vermentino e in parte anche il Sangiovese. Il rischio, sollevato dall’ex ministro dell’agricoltura italiano e attuale coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, è che le denominazioni di questi vini vengano “liberalizzate” e non più protette, in assenza di un riferimento geografico preciso.

Forti proteste fra i produttori italiani di olio suscita anche la proposta del capo della diplomazia Ue, Federica Mogherini, di mostrare solidarietà ai vicini tunisini in grave crisi dopo gli attacchi terroristici, aumentandone l’export di 35 mila tonnellate l’anno d’olio a dazio zero per il 2016 e il 2017. La decisione, che certo impatterebbe pesantemente sull’olio italiano e in particolare su quello della Puglia regione già colpita dal problema della Xylella, è al vaglio della plenaria dell’Europarlamento il prossimo 25 febbraio.

C’è poi il capitolo del latte in polvere nei formaggi. l’Italia, su segnalazione dell’industria casearia nazionale, è sotto procedura d’infrazione per la legge del 1974 che vieta alle aziende lattiero casearie con sede nella penisola di produrre latte e latticini a partire dal latte in polvere. L’esecutivo Ue spiega che le denominazione d’origine e le indicazioni geografiche protette (Dop, Igp) non sono interessate da un adeguamento della normativa alle regole Ue. Chi vuole produrre formaggi senza latte in polvere potrebbe continuare a farlo, le regole Ue non imporrebbero obblighi.

Infine c’è il tentativo della Gran Bretagna, denunciato dall’Italia, di adottare un’etichetta a “semaforo” sui prodotti alimentari, con un bollino verde, giallo o rosso per un alimento più o meno “cattivo” per la salute, solo sulla base della percentuale di sale, zuccheri e grassi presenti. Eccellenze italiane, come oli extravergini, il prosciutto o il parmigiano, risultano penalizzate perché ricche di sale o grassi.

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