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Dario Argento, 70 anni per l’Hitchcock italiano

(Keystone-ATS) ROMA – “Il colore della paura è argento”: la sua vocazione è tutta in questa frase che campeggia su una macchia di sangue nella prima pagina del suo sito ufficiale: Dario Argento, che il 7 settembre compie 70 anni, per 40 ha cavalcato la paura e non si è ancora fermato.
Apprezzato, a volte adorato, non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo (Francia, Giappone e Stati Uniti in particolare), è stato definito l’Hitchcock italiano per le sue affinità, almeno nei primi film, con un maestro che ha cominciato a lodare da giovane critico di Paese Sera, che ha più tardi evocato (Ti piace Hitchcock? è il titolo di un suo film per la tv del 2005) e che ha spesso citato.
Se Sergio Leone fu l’inventore dello spaghetti-western, lui è stato il rifondatore del thriller italiano. Da Leone ha mutuato l’uso del primissimo piano, l’insistenza sui dettagli (occhi, oggetti), la scarsità di dialoghi. Di Hitchcock gli è certamente piaciuta l’ironia nei confronti della polizia incapace e con lui ha condiviso l’interesse per le psicopatologie che portano al delitto. Mario Bava è stato il suo apripista nel percorso verso l’invenzione del giallo all’italiana.
Il suo primo film, L’uccello dalle piume di cristallo (1970), fu accolto all’inizio tiepidamente: per il grande pubblico Dario Argento era un perfetto sconosciuto. Ma poi, grazie soprattutto al passaparola, la sua ascesa fu folgorante e incassò più di un miliardo di vecchie lire. Nuovo linguaggio, grande paura. Alla gente piacque spaventarsi in maniera inconsueta, ci fu un gran parlare di quei fotogrammi subliminali che erano la chiave di volta del film, di quei rumori stridenti, di quell’assassino in impermeabile e guanti pelle che brandiva il coltello come nella doccia di Psyco mentre la macchina da presa anzichè abbassarsi nel mulinello di acqua sporca di sangue indulge su particolari raccapriccianti. Era nato il thriller all’italiana e Argento continuò su questa strada.
Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio completano la cosiddetta trilogia degli animali. Argento continua a sperimentare nuovi linguaggi nell’indifferenza della critica ma col favore del pubblico. Riprese al ralenti, montaggi alternati, sequenze oniriche, straniamento dei protagonisti dalla realtà sono solo alcuni degli ingredienti del suo particolarissimo stile.
Dopo una breve parentesi ‘storicà con Le cinque giornate, film che rievocava l’insurrezione milanese del 1848 contro gli austriaci, Argento torna il thriller con Profondo Rosso e Suspiria (recentemente presentato in versione restaurata al festival di Cannes): è forse il momento più alto e compiuto della sua cinematografia e allo stesso tempo la svolta verso una sempre più marcata deriva horror, un sempre maggiore compiacimento per le scene raccapriccianti, le musichette allucinate, la frenesia omicida, con una marcata tendenza al neogotico.
I titoli successivi, da Inferno a La sindrome di Standhal, da Phoenomena a Il fantasma dell’opera, miscelano variamente horror e thriller, sfoggiano innovative tecniche e strumenti di ripresa all’avanguardia, ma nel loro orrorifico barocchismo non aggiungono niente di veramente significativo all’opera del regista, e a volte, soprattutto nei dialoghi, sfiorano il ridicolo.
Giallo, il più recente film di Argento, è stato distribuito direttamente in home-video. Nel futuro del regista c’è ora un film in 3-D, pare un omaggio a Dracula, da girare negli Stati Uniti. Anche se sarebbero al vaglio location nostrane, un castello vicino Roma. È da tempo che si parla per il regista dell’ipotesi di un film in 3d (tra i progetti anche il remake di Profondo Rosso), ma il signore del brivido non sarebbe del tutto convinto della nuova tecnologia.
Padre di Asia, avuta dall’attrice di alcuni suoi film Daria Nicolodi e a sua volta attrice e regista affermata, Dario Argento è all’apparenza persona mite e riservata, quasi timida. A chi gli chiede se abbia mai avuto paura, risponde col suo accento romanesco: “se non avessi un po’ di paura anch’io, come potrei sapere che cos’è la paura? Cosa mi fa paura? i corridoi le scale, le finestre i tendaggi. Ricordi di una casa in cui ho vissuto parte della mia infanzia”. E alla domanda cruciale ‘perchè fa cinema?’, risponde: “perchè amo. Perchè voglio amare e voglio essere amato. E dico benvenuti ai sanguinosi fantasmi della mia coscienza”.

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