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Economiesuisse: crescita del PIL all’1,3% quest’anno

La sede di economiesuisse a Zurigo. KEYSTONE/STEFFEN SCHMIDT sda-ats

(Keystone-ATS) Economiesuisse è prudentemente ottimista e rivede al rialzo la crescita per quest’anno. Il Prodotto interno lordo (PIL) dovrebbe aumentare dell’1,3% nel 2016, poi dell’1,7% nel 2017.

Le choc monetario consecutivo all’abbandono della soglia minima di cambio da parte della Banca nazionale svizzera (BNS), il 15 gennaio 2015, è stato superato, scrive oggi economiesuisse. Lo scorso dicembre la Federazione delle imprese svizzere prevedeva una crescita dell’1,2% per 2016.

Le imprese però si sono adattate a un velocità stupefacente alle nuove condizioni quadro e a quasi un anno e mezzo dalla decisione della BNS l’economia ne esce bene grazie all’ottimizzazione dei processi, all’esame delle filiere di acquisto, all’aumento temporaneo del tempo di lavoro e al congelamento delle assunzioni.

La creazione di valore continua attualmente a progredire nel settore delle esportazioni, visto che l’euro si è stabilizzato a 1,1 franchi. Le misure adottate dalla BNS per indebolire il franco si sono dimostrate efficaci, precisa l’associazione padronale.

L’economia svizzera ha dimostrato di essere robusta lo scorso anno, anche se il commercio al dettaglio ha sofferto della forza del franco e la finanza dei tassi di interessi negativi. Il sistema sanitario e l’amministrazione pubblica hanno avuto un ruolo stabilizzatore. Anche il turismo ha vissuto un anno difficile, ma il settore dovrebbe timidamente ricominciare a crescere quest’anno. Nella zona alpina bisognerà pazientare fino al 2018.

Più in generale la crescita quest’anno sarà meno frenata dai tassi di cambio che dall’evoluzione debole dell’economia mondiale. L’industria metalmeccanica, il tessile e l’orologeria dovrebbero riprendersi nel corso del 2016. I servizi finanziari, le banche e le assicurazioni sono sempre in situazione difficile a causa della penuria di investimenti e dei bassi rendimenti. Le politiche monetarie ultraespansive della banche centrali non stimolano più i mercati.

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