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Egitto: esercito appella a unità e riconciliazione, morti

(Keystone-ATS) L’Esercito egiziano, dopo la deposizione del presidente Morsi, ha lanciato, con un comunicato, un appello “all’unità e alla riconciliazione”, precisando che l’abuso del diritto di protesta potrebbe trasformarsi in una minaccia “alla pace sociale, agli interessi nazionali e all’economia”.

In un comunicato diffuso in seguito all’appello lanciato dai Fratelli Musulmani per una grande manifestazione oggi in segno di protesta contro la deposizione del presidente Morsi, il comando dell’esercito, ha dichiarato che la “protesta pacifica e la libertà di espressione sono diritti garantiti a tutti” ma che “l’uso eccessivo di questo diritto potrebbe diventare una minaccia per la pace sociale, l’interesse nazionale e danneggiare la sicurezza e l’economia nel nostro prezioso Egitto”.

Nella dichiarazione l’esercito assicura che non ci saranno misure “arbitrarie o eccezionali” contro gruppi politici.

Intanto la situazione continua a restare tesa in tutto il paese. Islamisti armati hanno aperto il fuoco sull’aeroporto di el Arish, nella tormentata penisola egiziana del Sinai, e a tre checkpoint militari, secondo quanto riportato dalla televisione di Stato.

Gli aggressori hanno lanciato granate con dei razzi ai checkpoint dell’esercito fuori dall’aeroporto, vicino al confine con la Striscia di Gaza e Israele, nell’ultimo di una serie di incidenti nella regione, secondo fonti della sicurezza. Un soldato è stato ucciso e altri due sono stati feriti, riferiscono fonti mediche.

Un posto di polizia e un edificio dell’intelligence nella città frontaliera di Rafah sono stati attaccati con razzi, hanno aggiunto fonti della sicurezza. La stessa fonte ha precisato che gli islamisti avrebbero attaccato posti di controllo militari e di polizia in diverse città del nord del Sinai. Questi attacchi non sono stati rivendicati.

Gli islamisti radicali si servono della regione a nord della penisola, poco popolata, come di un trampolino per attaccare le forze di sicurezza e Israele. Diversi militanti hanno pubblicamente minacciato violenze e rappresaglie all’estromissione dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi.

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