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Energia: il futuro è nel rinnovabile, non nel nucleare

(Keystone-ATS) BERNA – Il futuro è l’energia rinnovabile, non il nucleare. Uno studio, presentato oggi a Berna e condotto dagli istituti Infras e TNC, afferma che l’energia verde è più vantaggiosa, dal profilo ambientale, ma anche da quello economico.
Stando alle previsioni, la Svizzera nel 2035 abbisognerà di elettricità supplementare pari a 30 terawattora (TWh). Sarà quindi necessario investire miliardi di franchi. Due gli scenari possibili: puntare sull’efficienza energetica e sul rinnovabile, oppure sulle grandi centrali atomiche.
Nel primo caso, l’energia eolica, la biomassa e il fotovoltaico potrebbero soddisfare almeno un terzo delle future necessità, mentre i due terzi rimanenti potrebbero essere compensati da un’utilizzazione più razionale delle risorse. Gli investimenti in questo settore sono “redditizi, creano ricchezza e generano posti di lavoro in Svizzera”, ha detto ai giornalisti Rolf Iten, autore dello studio.
A tinte fosche invece le prospettive delineate per le centrali nucleari, “poco redditizie” e che conducono “in un vicolo cieco”, sia sul piano ecologico, sia sul piano economico. Lo studio è stato commissionato, tra gli altri, dai cantoni di Ginevra e Basilea Città, e per Robert Cramer, consigliere agli Stati ecologista ginevrino, occorre quindi “maggiore volontà di cambiamento sul piano nazionale”.
Il migliore strumento da mettere in atto è una tassa sull’elettricità, neutra dal profilo fiscale, il cui gettito verrebbe ridistribuito a famiglie e aziende. Basilea Città è stato il primo cantone ad introdurre una soluzione del genere, nel 1999: “a nostra completa soddisfazione”, ha detto il consigliere di stato Christoph Brutschin. “Non vi sono infatti indizi che la tassa abbia danneggiato l’economia”.
Favorevole alla tassa anche il WWF svizzero, che ha in mente un raddoppio dei prezzi dell’elettricità entro il 2018: le tariffe svizzere sono tra le più basse di Europa e vi è quindi margine di manovra, ha spiegato il CEO Hans-Peter Fricker. Di tutt’altro parere l'”Azione per una politica energetica ragionevole” (AVES), un’organizzazione che conta seimila membri: credere che sia possibile uscire dal nucleare senza subire pesanti conseguenze sul piano economico “è un errore”. La sentenza dell’AVES, favorevole alla costruzione di nuovi impianti atomici, è lapidaria: lo studio non contiene nulla di nuovo.

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