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Estremismo nell’esercito limitato, 4 casi di presunto jihadismo

(Keystone-ATS) L’estremismo rimane un fenomeno marginale nell’esercito svizzero, secondo il servizio specializzato del Dipartimento della difesa, che ha aperto in tutto 41 dossier nel 2014.

Fascicoli perlopiù relativi a persone singole in relazione con l’estremismo di destra, ma in quattro casi anche con quello islamico.

Nel suo rapporto d’attività pubblicato oggi, il Servizio specializzato per l’estremismo in seno all’esercito (SSEEs) precisa che con i 41 fascicoli aperti a seguito di 42 annunci e richieste ha evaso un numero di pratiche superiore di circa un terzo rispetto agli anni precedenti, identificando in tutto 60 persone “per le quali è stata effettuata una verifica della situazione personale”. Nel 2013 i dossier trattati erano infatti stati 30 con 22 persone identificate, nel 2012 32 con 54 persone identificate e nel 2011 27 con 22 persone identificate.

Il SSEEs rileva che l’aumento dei casi in apparenza rilevante, dovuto anche alla maggiore sensibilizzazione, va comunque “sempre letto in rapporto a 5,8 milioni di giorni di servizio annui svolti dai circa 147’000 militari attivi” e che non tutti i dossier aperti sono casi di estremismo accertato.

Non si sono registrati episodi di gravi entità, scrive ancora il Servizio. Si è trattato “perlopiù di casi isolati”: persone “che esibiscono segni univoci, si esprimono in modo inequivocabile o assumono comportamenti chiaramente riconoscibili”.

Dei 41 dossier aperti, precisa il SSEEs, 10 non avevano manifestamente alcun nesso con l’estremismo violento. Di questi, tre “sono da attribuire al razzismo”. Altri 25 dossier avevano a che fare con l’estremismo di destra, quattro con l’estremismo violento “di matrice islamica o jihadista” e due con l’estremismo di sinistra.

Anche nel 2014, rileva il Servizio, “non si sono registrati casi di estremismo etno-nazionalista”. Un episodio di “discriminazione razziale” si è concluso con una condanna penale militare, si legge ancora nel rapporto.

Il Servizio rileva che per l’estremismo jihadista “l’esercito continua a rivestire un ruolo secondario”. “Occorre tuttavia continuare a monitorare i segnali e le tendenze di questo fenomeno”, aggiunge.

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