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Everest: baby-alpinista attacca quota 8000, polemiche

(Keystone-ATS) NEW YORK – Un baby alpinista alla conquista dell’Everest: Jordan Romero, californiano, ha 13 anni e domenica potrebbe raggiungere il tetto del mondo. Accompagnato dal padre Paul e da tre Sherpa, approfittando di una finestra di bel tempo, Jordan ha attaccato in questi giorni gli 8.848 metri in verticale della cima più alta della Terra.
Il Team Romero è partito dal lato di nord est, la via meno usata e tecnicamente più difficile, che comincia in Tibet: una scelta determinata dalla giovane età di Jordan, perché il Tibet – spiega oggi il “New York Times” – non pone limiti di età agli alpinisti mentre per chi parte dal Nepal, come fecero nel 1953 Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay, c’è il divieto ai minori di 16 anni.
Nonostante la giovane età, Jordan è un veterano delle scalate: se l’Everest andrà in porto, avrà al suo attivo sei tra le vette più alte del mondo (Kilimanjaro in Africa nel 2006, Kosciuszko in Australia, Elbrus in Europa e Aconcagua in Sud America nel 2007; Denali in Nord America nel 2008 e Carstensz in Oceania nel 2009), ma non ha mai superato quota Ottomila. L’impresa del ragazzino ha sollevato un dibattito e polemiche nella comunità degli scalatori: non è un po’ troppo giovane fisicamente e emotivamente per puntare così in alto?
Finora il più giovane alpinista arrivato in cima all’Everest è stato Johnny Collinson, 17 anni dello Utah, e c’è chi, ad esempio Michael Bradley, psicologo e autore di ‘When Things get Crazy with Your Teen’, ritiene che il tredicenne californiano sia come “una Ferrari non finita: potenza allo stato puro, ma senza freni, luci o la capacità di mantenere una costante pressione sul pedale”.
Secondo Bradley, la maggior parte dei tredicenni non ha le connessioni cerebrali per prendere decisioni “di vita o di morte”, né è in grado di capire fino in fondo in quale impresa si sta imbarcando. C’è poi chi teme gli effetti dell’estrema altezza sul fisico di una persona così giovane: Jordan non è mai andato oltre i 6.962 metri, raggiunti due anni fa quando ha conquistato l’Aconcagua. “Semplicemente non sappiamo. Non abbiamo elementi per sbilanciarci in un senso o nell’altro”, ha detto Mikhail Kazachkov, specialista di malattie polmonari al Maimonides OInfants and Children Hospital di Brooklyn.
Per Karen Lundgren, compagna di scalate e di vita del padre del ragazzino, sono comunque preoccupazioni superflue: “Jordan è pronto. E’ forte, intelligente, calmo. E ha un team competente che lo circonda”.

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