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Federali: CN; Popolo vuole la destra al timone

(Keystone-ATS) Nelle elezioni del Consiglio nazionale l’UDC ha ottenuto questo fine settimana una vittoria di proporzioni storiche e insieme al PLR, che avanza ma non stravince, controlla la maggioranza assoluta della camera. A perdere sono tutti gli altri partiti, PS compreso.

Per il fronte ecologista la sconfitta assume le proporzioni del tracollo: la deputazione verde si riduce di un terzo, quella dei Verdi liberali quasi della metà.

Come spesso accade i sondaggi, complice anche il variegato sistema di circondari elettorali cantonali, avevano visto qualcosa – la crescita del PLR – mancando però la notizia vera: il ritorno in forze dell’UDC, che nel 2011 era arretrata di 8 seggi, non riuscendo di gran lunga a raggiungere l’ambizioso obiettivo del 30% delle schede.

Ora la formazione di Toni Brunner si ripresenta sul cammino della crescita avviata nel 1995: in base ai risultati definitivi – l’ultimo cantone giunto è stato Berna, alle 23.45 – conquista 11 seggi, salendo a 65 mandati: nessun partito ha mai potuto contare su una squadra così ampia.

A livello percentuale – stando in questo caso alle proiezioni dell’istituto Gfs.bern – ottiene il 29,5% dei voti (+2,9 punti). Se venisse confermato il dato sarebbe il più elevato da quando il Nazionale è eletto con il sistema proporzionale, nel 1919. Il precedente record era detenuto pure dall’UDC, 28,9% nel 2007.

L’elezione si è rivelata positiva per il PLR, anche se forse i suoi vertici speravano in qualcosa di più: la formazione viene vista al 16,3% (+1,2 punti) e ottiene 33 mandati (+3). Il partito di Philipp Müller, all’origine del sistema politico svizzero, riesce quindi a invertire il trend negativo che in termini di percentuali l’interessava ormai dal lontano 1979 e che ha trovato il punto più basso con la presidenza di Fulvio Pelli.

Sembra per contro proseguire il calo dell’altro grande malato storico, il PPD, accreditato a solo 26 seggi (-2): mai così pochi nella sua storia. E anche in termini percentuali il partito prosegue la flessione: -0,2 punti al 12,1%, valori che tarpano le ali a chi accarezza il sogno di un secondo mandato nel governo federale, magari con un esponente ticinese. La formazione di ispirazione cristiana faticherà inoltre a riconfermarsi pienamente nel ruolo di ago della bilancia che l’ha contraddistinto negli ultimi anni.

Esce sconfitto dalla giornata odierna pure il PS, che lascia sul terreno 3 mandati, scendendo a 43. In termini percentuali rimane per contro stabile (+0,2 punti al 18,9%), su livelli comunque molto bassi, vicini al minimo assoluto del 1987. Il presidente Christian Levrat si è battuto con veemenza per evitare uno scivolamento del parlamento a destra: ma si è verificato proprio lo scenario temuto alla vigilia.

A sinistra soffrono ancora di più i Verdi, che perdono 5 mandati scendendo a 10, con una percentuale del 6,9% (-1,5 punti). Sembra un’altra epoca, ma ancora pochi anni or sono il partito avanzava la pretesa di una partecipazione al Consiglio federale, ora del tutto fuori portata. L’onda lunga del risultato odierno si vedrà poi con ogni probabilità anche nei dossier di primo piano: non è difficile immaginare i brividi che corrono ora sulla schiena di chi ha investito nella svolta energetica.

Tanto più che i “cugini” Verdi liberali hanno vissuto una Marignano: i grandi vincitori del 2011 si ritrovano con la deputazione quasi dimezzata, da 12 a 7 seggi. L’arretramento percentuale non è drammatico: -0,8 punti al 4,6%, ma quattro anni or sono il partito simbolo di quello che veniva descritto come il “nuovo centro” aveva conquistato ben 9 poltrone giocando in modo accorto la carta delle congiunzione di liste. Il PVL sembra aver perso gran parte dell’attrattiva che aveva sull’elettorato: d’altra parte il popolo aveva già picchiato duro quest’anno affossando con il 92% di no l’iniziativa sull’imposta sull’energia invece dell’IVA.

Contiene le perdite forse meglio del previsto il Partito borghese democratico: 7 seggi, -2, nonostante un arretramento in termini di schede più ampio di quello del PVL (-1,3 punti al 4,1%). Per la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf l’aria si fa comunque sempre più rarefatta, visti gli orientamenti generali. E non è un bel segnale il fatto che nei Grigioni, cantone di origine della ministra delle finanze e roccaforte borghese-democratica, il PBD sia crollato dal 20,5% al 14,5%.

Tirando le somme la virata a destra è più che chiara. I calcoli sono presto fatti: il blocco costituito da UDC, PLR, Lega e MCG ottiene 101 mandati (+14), il centro (PPD, Verdi liberali, PBD, PEV e PCS) 44 mandati (-8) e la sinistra (PS e Verdi) 55 (-6). A un parlamento dominato da una coalizione di centro sinistra subentra quindi una maggioranza assoluta UDC-PLR: va comunque sempre considerato che gli equilibri in Svizzera sono anche regionali e i deputati hanno spesso sensibilità molto diverse sugli stessi temi.

La partecipazione si è attestata a circa il 48%, sostanzialmente in linea con quella delle ultime elezioni. Dal 1979 l’affluenza è sempre stata sotto il 50%.

Consiglio degli Stati

Il PLR strappa un seggio ciascuno a PPD e PVL, partito che rischia di scomparire dal Consiglio degli Stati, mentre il PS di Zurigo torna ad avere una poltrona dopo 32 anni. Questi gli avvenimenti salienti dell’elezione odierna alla Camera dei Cantoni, che non apporta finora grandi cambiamenti. Per un bilancio definitivo bisogna attendere l’esito dei 12 ballottaggi in agenda nelle prossime settimane: gli ultimi sono previsti ad Argovia e Zurigo il 22 novembre.

Per partito, i risultati parziali sono i seguenti: 8 seggi al PLR (+2), 7 al PPD (-1), 6 al PS (+1), 5 all’UDC (=) e 1 senza partito (=).

Il PPD perde un seggio storico a Nidvaldo, guadagnato dal PLR. Il PS ottiene un seggio a Zurigo, a spese del PLR o del PVL (si vedrà al secondo turno). Il PVL perde il seggio di Uri, andato al PLR, e in caso di sconfitta del suo candidato zurighese scomparirà del tutto dai banchi della Camera dei cantoni.

Legata all’esito di un ballottaggio pure l’esistenza nella piccola Camera del PBD, anche se il suo unico esponente, il bernese uscente Werner Luginbühl, ha ottenuto un ottimo risultato piazzandosi al primo posto. Molto è tuttavia ancora in gioco, poiché ben 19 seggi saranno attribuiti nei ballottaggi: lo stesso numero di quattro anni fa, quando però erano 13 i cantoni andati al secondo turno.

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