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Fillon in piazza, ‘la gente è con me’. Domani si decide

Oggi in piazza Francois Fillon ha promesso che andrà fino in fondo nella corsa all'Eliseo. KEYSTONE/AP/CHRISTOPHE ENA sda-ats

(Keystone-ATS) Duecentomila, poi addirittura 300.000: lo staff di Francois Fillon, sotto pressione, moltiplica per 10 i sostenitori ai quali il candidato chiede “l’ultimo sforzo”. Ma sotto la pioggia e il vento, a gridare “Fillon, president” non sono più di 40.000.

Lo applaudono mentre lui chiede scusa e promette di andare in fondo, come gli ha chiesto anche la moglie Penelope, oggi al suo fianco con bandierina in mano.

Tutto si deciderà domani, nella riunione straordinaria dei vertici dei Republicains. Ma stasera, in diretta al tg, lo stesso Fillon ha messo tutti in guardia: “nessuno può impedirmi di candidarmi, non il partito, non ex candidati delle primarie, non dei presidenti di regione”.

L’ultimo strappo del candidato che da premier contrapponeva alla “piazza” la “forza della democrazia” si è consumato oggi, davanti a molti anziani militanti e ad uno schieramento al completo della “Manif pour tous”, le associazioni che si opponevano alla legge sulle nozze gay. Venivano distribuite bandierine tricolori da sventolare, gli altoparlanti centuplicavano i decibel di cori e applausi ma rimaneva l’impressione di un epilogo ormai ineluttabile.

Domani si riunirà la direzione dei Républicain, oggi si sono parlati a lungo l’ex capo dello stato, Nicolas Sarkozy, e il sindaco di Bordeaux Alain Juppé, il sostituto più probabile come portabandiera della destra. Tre presidenti di regione, Christian Estrosi, Valerie Pecresse e Xavier Bertrand, chiedono di incontrare domani il candidato Fillon per trovare un’uscita dalla crisi che gli garantisca l’onore delle armi, un modo per non emarginarlo e soprattutto per farlo rimanere all’interno del partito.

I sondaggi – l’ultimo di oggi in particolare – dicono che il crollo di Fillon è inarrestabile (17%), e che al ballottaggio – così come stanno le cose – andrebbero Marine Le Pen (26%) ed Emmanuel Macron (25%). Se invece subentrasse Juppé, al ballotaggio andrebbe lui (25%) con la Le Pen (27%) grazie al bottino di voti centristi sottratti a Macron (che sarebbe eliminato con il 20%.

“Ho commesso il primo errore chiedendo a mia moglie di lavorare per me – ha ammesso Fillon davanti ai suoi, mentre la pioggia lo stava letteralmente inzuppando – perché conosceva il territorio, perché era comodo. Non avrei dovuto farlo. E ho commesso il secondo errore esitando sul modo di parlarne, di parlarvene, di parlarne ai francesi”. Un’ammissione netta, che meriterebbe forse una sanzione ma, spiega Fillon, se ciò avvenisse accadrebbe l’irreparabile, “l’elezione sarebbe falsata, non le sarebbe permesso di mettere fine ai due scandali che sfigurano il nostro paese molto più profondamente dei miei errori”.

I due “scandali” veri, per Fillon, sono il modo “esitante ma terribile nelle conseguenze con cui Francois Hollande ha operato per il declassamento del nostro paese” e “il secondo è quello di tutti i nostri concorrenti che, indifferenti a tutte le realtà economiche, ignorando tutte le sfide del mondo, non esitano a promettere le 32 ore settimanali, il ritorno del franco, l’aumento della spesa pubblica. E se si fallisce, poco importa!”.

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