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Finanza sostenibile, no soluzioni semplicistiche, Sergio Ermotti

Per Sergio Ermotti, CEO di UBS, bisogna evitare soluzioni semplicistiche nell'affrontare il problema della finanza sostenibile. KEYSTONE/ENNIO LEANZA sda-ats

(Keystone-ATS) L’inclusione delle industrie inquinanti, come le società petrolifere, nelle strategie finanziarie sostenibili è motivo di divisione tra il settore bancario e le organizzazioni non governative.

Oggi a Ginevra, nell’ambito del Building Bridges Summit, una conferenza incentrata sul tema in questione, il CEO di UBS Sergio Ermotti ha messo in guardia da soluzioni “semplicistiche” che potrebbero spaventare gli investitori.

Due visioni si confrontano su questo tema. La maggior parte degli operatori finanziari e bancari vogliono accompagnare le aziende il cui modello di business non soddisfa i criteri ambientali, sociali e di governance. Investire in queste aziende non significa però avallare le attività in corso, ma sostenerle verso il passaggio a modelli ritenuti più responsabili.

Le organizzazioni ambientaliste sostengono invece che è impossibile promuovere la sostenibilità includendo, in particolare, le grandi compagnie petrolifere. Thomas Vellacott, CEO del WWF Svizzera, ha difeso oggi questa posizione davanti alla platea convenuta a Ginevra per il Building Bridges Summit, la manifestazione centrale della settimana sulla finanza sostenibile che si tiene fino a venerdì nella città di Calvino.

“Stiamo vivendo una rivoluzione industriale a colpi di steroidi”, ha dichiarato Vellacott parlando della transizione verso modelli sostenibili. “Alcuni vivono ancora nel vecchio mondo”, ha aggiunto l’ex manager, una volta attivo nel settore finanziario.

Secondo Thomas Vellacott, molte aziende non sono pronte per operare nel “nuovo mondo”. Molti non conoscono nemmeno la loro impronta carbonio, ha spiegato a titolo d’esempio.

Per Sergio Ermotti, questo tema richiede cautela. Non possiamo perseguire in maniera draconiana i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU poiché ciò potrebbe sfociare in danni collaterali con gravi conseguenze.

Per il manager ticinese, la sfida principale della finanza sostenibile è attrarre ingenti capitali verso questo tipo di strategia, ancora considerata di nicchia. Adottare un approccio manicheo significherebbe escludere i principali attori che dispongono di risorse reali per finanziare il passaggio ad un’economia sostenibile, ha spiegato.

L’impegno del settore finanziario a favore della sostenibilità non deve essere interpretato come il desiderio di rifarsi una verginità dopo la crisi del 2008. “Quello che facciamo, lo facciamo per prepararci al futuro, non per riparare agli errori del passato”, ha avvertito Sergio Ermotti.

Alla domanda sull’impegno di UBS a favore della sostenibilità, il responsabile della maggiore banca svizzera ha spiegato che i fondi che rispettano i criteri ambientali, sociali e di governance rappresentano il 25% del totale e il 12% per la sola gestione patrimoniale. A fine giugno UBS aveva in gestione un patrimonio di 3.381 miliardi di dollari americani (quasi lo stesso importo in franchi).

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