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Francia: a Parigi ucciso marocchino ‘fedele all’Isis’

(Keystone-ATS) Poco prima di mezzogiorno, esattamente un anno dopo la strage di Charlie Hebdo, torna il terrore a Parigi. Un uomo con un coltello da macellaio in mano grida ‘Allah Akbar’ e prova ad entrare nel commissariato di Montmartre. C’è lo stato d’emergenza.

Alì, questo il nome del giovane che non obbedisce all’ordine di indietreggiare, ha sotto il giubbotto una rivendicazione a nome dell’Isis e uno strano groviglio di fili: una cintura esplosiva, pensano i poliziotti di guardia, che aprono il fuoco e lo uccidono.

“Sul nostro Paese continua a pesare una minaccia spaventosa”, aveva detto qualche minuto prima il presidente François Hollande, parlando davanti alle forze dell’ordine riunite a un anno dal massacro di Charlie Hebdo che ha segnato per tutti l’inizio della più grande offensiva terroristica contro la Francia. L’episodio ha fatto impennare in città una tensione già altissima. Con la polizia e l’antiterrorismo che – spiega all’ANSA una fonte vicina agli inquirenti – “si aspettavano e si aspettano che succeda qualcosa in questi giorni, a un anno da quella strage”.

L’uomo ucciso era con ogni probabilità un “lupo solitario”, un marocchino di 20 anni, che nel 2013 fu arrestato a Saint-Maxime, in Costa Azzurra, per un furto insieme con una banda. Un pregiudicato che si presentava come senzatetto e di cui per ora si sa poco, a parte che all’epoca disse alla polizia di chiamarsi Sallah Ali.

Addosso, nelle tasche del giubbotto scuro che indossava sopra ai jeans, c’era un disegno della bandiera di Daesh, fatto alla buona, col pennarello nero. E una rivendicazione scritta sempre a mano, in cui affermava di agire per “vendicare i morti in Siria” e proclamava fedeltà all’autoproclamato califfo dell’Isis, Al-Baghdadi. Elementi “inequivocabili”, secondo il procuratore François Molins, che ha affidato l’inchiesta per “tentato omicidio di pubblico ufficiale a scopo terroristico” alla sezione antiterrorismo.

Per la ministra della Giustizia, Christiane Taubira, non si trattava di persona “legata alla radicalizzazione islamica”, ma l’episodio sembra destinato a lasciare ulteriormente il segno in una città profondamente ferita.

Ad inquietare c’è anche il quartiere scelto, quel 18/o arrondissement che era uno degli obiettivi di Amedy Coulibaly, il terrorista dell’Hyper Cacher di un anno fa, e dove avrebbe dovuto seminare morte anche il commando del 13 novembre. I poliziotti del commissariato, ai quali ha portato la sua solidarietà il ministro dell’Interno, hanno reagito dopo che l’uomo non aveva rispettato l’alt da loro intimato. Una reazione giudicata esagerata da alcuni testimoni dei fatti: “Aveva le mani alzate e soprattutto non aveva alcun coltello”, ha raccontato all’ANSA Charlotte, una donna presente sul posto. Una foto scattata da una giornalista americana residente in un appartamento proprio di fronte al commissariato mostra il corpo a faccia in giù del terrorista, un grosso coltello finito nel canaletto di scolo e un pacchetto color marrone.

Sarebbe stata questa sorta di ‘pochette’ dalla quale fuoruscivano dei fili elettrici – ma sarà l’inchiesta ad appurare la veridicità di questa ricostruzione – a far pensare agli agenti che si trattasse di una cintura esplosiva.

Tutto il giorno è andato avanti l’omaggio – organizzato da sindacati e artisti – alle vittime del terrorismo, con un pellegrinaggio di personalità e gente comune a place de la République. Hollande si è recato sul luogo in cui sorgeva la redazione di Charlie Hebdo, ha scoperto una lapide all’agente ucciso sul percorso dei fratelli Kouachi, Ahmed Merabet, e domenica sarà di nuovo protagonista del grande raduno per le vittime, sempre alla République, con Johnny Hallyday e tanti altri. Ma Parigi – dopo il nuovo allarme di oggi – si allontana ancora di più dalla fine dell’incubo terrorismo.

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