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Francia: allevatori protestano, strade ridotte a omelette

(Keystone-ATS) Centomila uova fresche di giornata frantumate, un cumulo di gusci, tuorli spaccati e resti degli imballaggi di cartone che invade la strada trasformandola un una gigantesca e ben poco appetitosa frittata. È la scena che si ripete ogni sera, da ormai tre giorni, in Bretagna, dove gli allevatori di galline ovaiole hanno scelto quest’inusuale forma di protesta per attrarre l’attenzione sulla crisi del settore.

Il problema, spiegano ai media i produttori, è che attualmente in Francia l’offerta di uova supera regolarmente la domanda, anche a causa della contrazione dei consumi delle famiglie, e quindi grossisti e catene di grande distribuzione comprano a cifre sempre più basse: intorno ai 75 centesimi di euro al chilo (pari a meno di 5 centesimi per uovo), anche se poi il prezzo che praticano ai clienti finali è più o meno lo stesso.

Inoltre, ad aggravare la situazione, ci sono i costi di produzione crescenti, che superano ormai i 95 centesimi al chilo, e l’obbligo di investire nel rinnovamento di alcune strutture imposto dalle nuove regole europee sul benessere delle galline ovaiole. L’unica soluzione possibile quindi, concludono, è distruggere parte delle uova prodotte ogni giorno, per ripianare il dislivello tra domanda e offerta.

“Siamo allo stremo. Queste uova saremmo pronte a donarle ai Paesi in via di sviluppo, basta che non restino sul territorio francese”, dichiara un manifestante intervistato dopo l’ultimo ‘lancio’ di uova, spiegando che il numero centomila non è stato scelto a caso: rappresenta il 5% della produzione giornaliera degli allevamenti bretoni e la quota in surplus rispetto alla domanda media.

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