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Fuoco avanza, protetti siti strategici

(Keystone-ATS) MOSCA – La Russia occidentale continua a bruciare: basi militari incenerite, roghi in raffinerie, siti nucleari minacciati dalla fiamme, migliaia di sfollati, case in fumo, un quinto del raccolto del grano distrutto, appelli a non uscire di casa senza mascherina.
Una capitale soffocata da una cappa di fumo acre e nocivo: da oltre due settimane uno scenario sempre più apocalittico e tuttora imprevedibile, tanto che il Cremlino ha deciso oggi di correre ai ripari proteggendo i siti strategici del Paese.
Le sempre più impotenti autorità hanno intanto aumentato da 40 a 48 il numero delle vittime degli incendi e accettato l’invio di aerei ed elicotteri da Italia, Ucraina e Azerbaigian.
Il leader del Cremlino Dmitri Medvedev oggi ha interrotto le sue ferie a Soci, sul Mar Nero, per presiedere una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza e varare misure a protezione dei siti strategici del Paese. A partire dal centro di ricerca nucleare militare di Sarov, 500 km a est di Mosca, l’Arzamas-16 della guerra fredda, quello dove furono progettate le prime bombe atomiche e all’idrogeno sovietiche.
Mentre 2000 pompieri lottano per tenere le fiamme a distanza di sicurezza (ora a 4 km), tutti i materiali radioattivi ed esplosivi sono stati evacuati, come ha annunciato il capo dell’agenzia russa per il nucleare Serghiei Kirienko, escludendo rischi ecologici o nucleari “anche in caso di situazioni estreme”, ossia che il fuoco arrivi ai reattori. Per scongiurare il pericolo, sono stati inviati anche quattro robot anti incendio. Un reattore della centrale di Novovoronezh, intanto, è stato chiuso per la rottura dei trasformatori, causata dalle alte temperature.
Medvedev ha inoltre silurato “per negligenza” alcuni alti ufficiali per la distruzione nei giorni scorsi di una base aerea navale nella regione di Kolomna, 100 km a sud est della capitale, dove le fiamme degli incendi boschivi hanno incenerito 13 hangar con 200 aerei. Il comandante della marina russa Vladimir Visotski è stato graziato con il solo “avvertimento” solo perchè non era in sede.
Il leader del Cremlino ha assicurato che la situazione è “sotto controllo, anche se una evoluzione negativa non si può escludere”. Anche il premier Vladimir Putin, volato a Voronezh per incoraggiare piloti e pompieri, ha cercato di trasmettere fiducia ma ha ammesso che “sfortunatamente c’è ancora molto lavoro da fare”.
Finora sono stati mobilitati circa 170 mila uomini della protezione civile. Ma il fronte degli incendi non concede tregua: nelle ultime 24 ore sono apparsi 403 nuovi focolai, di cui 293 estinti, ma 520 continuano a bruciare su una superficie globale di 188.524 ettari, 16 mila in più rispetto al giorno precedente.
In totale sono già stati distrutti 668 mila ettari dall’inizio di questa estate, la più torrida che la Russia ricordi da 130 anni: negli ultimi giorni si viaggia intorno ai 37 gradi all’ombra, contro una media stagionale di 23. Colpa di un anticiclone che dura da oltre un mese, favorendo lo sprigionarsi di incendi per autocombustione e anche per negligenza, come l’abbandono di mozziconi di sigaretta accesi.
Ma colpa, dicono gli oppositori, anche della legge che nel 2007 ha cancellato il sistema centralizzato di controllo antincendio boschivo, con un taglio del 75% della sorveglianza: una legge, accusano, promossa dalla lobby del legno e firmata dall’allora presidente Putin.
Nella capitale, assediata dal fumo degli incendi boschivi e delle torbiere della periferia, sono intanto andati esauriti condizionatori e ventilatori dopo che i loro prezzi erano saliti alle stelle. Ora, tra mal di testa e mal di gola, è corsa alla mascherina, contro un livello di inquinamento, soprattutto per il monossido di carbonio, da 5 a 10 volte superiore alla soglia di sicurezza.

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