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GB: un milione di sterline per “Chinese Girl” di Tretchikoff

(Keystone-ATS) “Chinese Girl”, il quadro-icona che il pittore russo-siberiano di nascita ma sudafricano di adozione Vladimir Tretchikoff dipinse nei primi anni Cinquanta, è stato venduto per un milione di sterline in un’asta di Bonhams a Londra.

Rappresenta una ragazza cinese ritratta con il volto leggermente imbronciato, lo sguardo pudicamente rivolto di lato in basso, la pelle levigata riprodotta, in un vezzo di derivazione espressionista, in una tinta blu-verde che la rende immediatamente riconoscibile e dalla quale spicca la macchia rossa intensa delle labbra col rossetto; l’abito di foggia cinese in oro parzialmente finito, che lascia la tela grezza in gran parte scoperta.

Considerato uno dei quadri più imitati, più riprodotto dai falsari, ma anche dai grafici su poster, cartoline, magliette, canovacci e foulard, il dipinto è stato ribattezzato per questo la “Monna Lisa del kitsch” o anche “Ritratto in verde”.

L’opera, malgrado la sua celebrità, non ha goduto di una grande nomea presso la critica. Il pittore, che “arruolò” come modella una dipendente dalla lavanderia del padre a Città del Capo, definì lo stile della sua opera “realismo simbolico”. Per molti studiosi è semplicemente “kitsch”.

Il critico William Feaver in un documentario del 1974 per la BBC, citato dal Guardian, parlò di Chinese Girl come dell’opera “più sgradevole pubblicata nel 20/mo secolo”, descrivendone le “forme piatte e i capelli che non sono tali ma un semplice strato opaco di pittura insipida e smorta”.

Ma la critica non sempre influenza il mercato e ancora meno la fama di un’opera. E l’oscura ragazza cinese dal volto blu ritratta da un ancora più oscuro pittore si è imposta da sola come icona popolare per il suo impatto visivo. Tretchikoff, che morì nel 2006, divenne l’artista più pagato dopo Picasso proprio grazie alla popolarità delle riproduzioni della sua opera. Ma l’originale non gli fruttò granché: Il pittore lo cedette alla giovane figlia di manager americano, Mignon Buhler, che l’acquistò a Chicago nel 1954 per 2000 dollari.

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