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GE: caso Adeline, l’internamento a vita al centro della delibera

Il disegno mostra Fabrice A. sul banco degli imputati. KEYSTONE/FREDERIC BOTT sda-ats

(Keystone-ATS) Iniziato lunedì, il processo di Fabrice A., l’uomo accusato di aver ucciso la socioterapeuta ginevrina Adeline nel settembre 2013, è terminato oggi con le arringhe degli avvocati.

La sentenza del Tribunale criminale sarà resa mercoledì: la questione dell’internamento a vita sarà al centro della sua delibera.

L’internamento a vita è stato chiesto ieri sia dai famigliari della vittima che dal Pubblico ministero. Yann Arnold, l’avvocato dell’imputato, ha tentato oggi di dimostrare l’inutilità di questa sanzione. A suo avviso, il semplice internamento basterà per allontanare il pericolo per la società rappresentato da Fabrice A. e per prevenire il rischio di recidiva. L’internamento a vita, invece, rappresenta una “perpetuità perpetua”.

Questa misura estrema, voluta in votazione dal popolo, è a suo avviso “contraria alle disposizioni della Corte europea dei diritti umani”, perché essa non prevede il riesame automatico e periodico della persona internata. Nemmeno gli esperti psichiatrici che hanno esaminato il 34enne l’hanno preconizzata, ha argomentato.

La personalità di Fabrice A. è “certamente oscura”, ha ammesso l’avvocato. L’uomo sa di non essere sano ed è difficile individuare le sue preoccupazioni segrete, ma redimerlo non appare impossibile, ha affermato il legale, secondo cui la situazione del 34enne dovrebbe essere rivalutata regolarmente.

Il difensore del cittadino franco-elvetico ha pure chiesto ai giudici di riconsiderare la circostanza aggravante dell’assassinio, fatta valere dal procuratore generale. A suo avviso, l’imputato dovrebbe beneficiare perlomeno di una responsabilità leggermente scemata, a causa della difficile infanzia subita e delle pulsioni che lo attraversano. A causa di questi elementi, il legale ha chiesto ai giudici di rinunciare a pronunciare l’ergastolo.

Prendendo la parola per ultimo, Fabrice A. ha detto di aver avuto l’intenzione di chiedere perdono ai famigliari di Adeline. Vi ha in definitiva rinunciato dopo aver constatato la natura “vertiginosamente derisoria” di questo gesto, in confronto al dolore “inumanamente insopportabile” arrecato.

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