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Germanwings: padre copilota, ‘mio figlio non era depresso’

Germanwings: padre copilota, 'mio figlio non era depresso'. Esperto di aviazione solleva molti dubbi (foto d'archivio). KEYSTONE/EPA/SEBASTIEN NOGIER sda-ats

(Keystone-ATS) Al tempo della caduta dell’aereo di Germanwings il copilota “non soffriva di depressione”.

Lo ha detto il padre di Andreas Lubitz, a Berlino, in una conferenza stampa convocata per esprimere dubbi sugli esiti dell’inchiesta sull’aereo caduto sulle Alpi francesi che, secondo gli inquirenti, è stato distrutto intenzionalmente dal giovane copilota.

La tragedia risale a due anni fa, nell’aereo morirono 150 persone.

Andreas Lubitz aveva superato la sua depressione già sei anni prima della caduta dell’aereo di Germanwings. “Aveva ritrovato la sua forza originaria e la sua gioia di vivere”, ha detto il padre Gunther. Il padre del copilota ha convocato la conferenza stampa, dando la parola a un esperto di aviazione, assunto per fare chiarezza sull’inchiesta.

“Sappiamo bene che oggi è il secondo anniversario. Non abbiamo scelto questo giorno per ferire i parenti delle vittime. Le reazioni sarebbero state le stesse, qualsiasi giorno avessimo scelto”, ha aggiunto, replicando alle polemiche scaturite dalla decisione di presentare proprio oggi le critiche della famiglia sulle inchieste. “Il nostro dolore è un dolore speciale, non è come quello degli altri”, ha anche affermato il padre del copilota. “Come tutti gli altri siamo alla ricerca della verità”, ha concluso.

Dubbi esperto

La chiusura del cockpit era probabilmente difettosa. È questo uno dei punti che Tim van Beveren, esperto di aviazione assunto dalla famiglia Lubitz, per fare chiarezza sull’inchiesta sull’aereo Germanwings precipitato due anni fa, ha posto all’attenzione della stampa oggi a Berlino.

Presentando un lungo rapporto che solleva nuovi dubbi, segnalando fra l’altro presunte lacune e imprecisioni degli atti delle indagini, l’esperto ha affermato di aver saputo da un equipaggio che aveva volato con lo stesso aereo, che era già avvenuto che il cockpit fosse rimasto chiuso, lasciando il personale fuori. “Io ho fornito questo elemento agli inquirenti, non è stato verificato”, ha detto.

Van Beveren ha anche sollevato dubbi su chi sedesse davvero nel cockpit: dopo due anni resta poco chiaro, ha affermato. L’esperto ha inoltre sottolineato che il giorno dell’incidente c’erano forti turbolenze, lungo la rotta dell’aereo, vuoti d’aria “molto pericolosi”, che avevano indotto altri piloti a scegliere di volare a quote più basse.

Nella sua perizia, molti punti dell’inchiesta sono stati messi in discussione: fra gli altri la circostanza che risultino dichiarazioni “mai rilasciate” dalla compagna di Andreas Lubitz, su un presunto trattamento psicologico del copilota, e un errore di battitura, a causa del quale sarebbe “sparito un punto interrogativo” di un medico di base, il quale si chiedeva se fosse possibile che dal disturbo alla vista, di cui soffriva il giovane copilota, si fosse generata una schizofrenia.

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