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Goldman Sachs: utile -58% ma oltre attese, -21% compensi

(Keystone-ATS) Utile netto in calo del 58% a 1,01 miliardi di dollari e ricavi giù del 30% a 6,05 miliardi di dollari nel quarto trimestre con l’incertezza e la volatilità causata dalla crisi del debito dell’Europa. Ma Goldman Sachs batte lo stesso per previsioni degli analisti.

E lo fa grazie al ridimensionamento delle spese, anche quelle per i compensi. Goldman Sachs ha accantonato 12,22 miliardi di dollari nel 2011 per compensi e benefit dei dipendenti, il 21% in meno rispetto all’anno precedente, una cifra sufficiente a distribuire a ognuno dei 33’000 dipendenti 367’057 dollari, il 15% in meno rispetto ai 430’700 dollari del 2010 per 35’700 dipendenti.

Goldman Sachs ha lanciato nel secondo trimestre un piano per ridurre i costi di 1,4 miliardi di dollari, ovvero il 6% dei costi del 2010. “La maggior parte dei risparmi è già stata realizzata. Monitoreremo da vicino il tasso di crescita delle spese e faremo ulteriori aggiustamenti se necessario. Non ridurremmo la nostra ricchezza ma cercheremo di orientare la società in modo appropriato considerando il contesto”, afferma il chief financial officer, David Viniar.

La banca ha chiuso il 2011 con utili in calo del 47% a 4,4 miliardi di dollari e ricavi in calo del 26% a 28,8 miliardi di dollari. “L’ultimo anno è stato dominato da timori macroeconomici che hanno influito sulla propensione dei nostri clienti al rischio, e sulla loro volontà di effettuare transazioni”, evidenzia l’amministratore delegato di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein.

“Con il miglioramento dell’economia e dei mercati, e vediamo in questo senso incoraggianti segnali, Goldman Sachs è posizionata”, aggiunge. “Anche se i livelli di attività del 2011 sono stati in linea con quelli del 2010, il contesto” in cui la banca si è trovata ad agire “ricorda che il 2011 è stato caratterizzato da timori e incertezze, che si sono tradotte in volatili mercati”. Goldman Sachs, in seguito all’incertezza macroeconomica, ha moderato il tasso di investimento nei Paesi emergenti ma – evidenzia Viniar – questi restano importanti, con crescita più forte di quella delle economie avanzate.

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