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Impeachment Trump: pronta la purga alla Casa Bianca

Trump prepara la resa dei conti anche con gli esponenti della sua amministrazione che hanno testimoniato contro di lui nel procedimento d'impeachment. KEYSTONE/AP/MANUEL BALCE CENETA sda-ats

(Keystone-ATS) Per Donald Trump è l’ora della resa dei conti non solo con i democratici ma anche con gli esponenti dell’amministrazione che hanno testimoniato contro di lui nel procedimento d’impeachment.

La portavoce della Casa Bianca, Stephanie Grisham, lascia pochi dubbi: “Chi ha innescato l’impeachment e danneggiato il presidente deve pagare”.

E anche se Trump nega lo scenario da notte dei lunghi coltelli evocato dai media, nei corridoi e nelle stanze della Casa Bianca ormai anche i muri sanno che la parola d’ordine partita dallo Studio Ovale è una sola: via tutti quelli che in questi mesi non hanno mostrato lealtà assoluta al presidente, non facendo abbastanza o addirittura remando contro.

Sono in molti a tremare per l’annunciata rappresaglia, a partire dal capo dello staff Mick Mulvaney il cui modo di gestire le cose in questi mesi avrebbe profondamente deluso Trump. Ma appare oramai scontato come la prima vittima dell’epurazione voluta dal tycoon sarà quasi certamente il colonnello Alexander Vindman, visto come il fumo negli occhi.

Del resto non potrebbe essere diversamente: Vindman, esperto di Ucraina e responsabile per gli affari europei nel consiglio per la sicurezza nazionale, è stato uno dei testimoni chiave nell’inchiesta della Camera che ha portato alla messa in stato di accusa di Trump. Ancor prima della talpa fu Vindman, come ha raccontato lui stesso, a mettere in guardia i vertici del Consiglio della sicurezza nazionale sui contenuti della telefonata tra Trump e il presidente ucraino Voldymtr Zelensky, quella del 25 luglio 2019 in cui il tycoon pressò Kiev perché indagasse su Joe Biden e il figlio Hunter.

Già da giorni il ruolo di Vindman alla Casa Bianca sarebbe stato ridimensionato, e da un momento all’altro si attende l’annuncio di un suo ritorno al Pentagono. Rapporti con la Casa Bianca finiti anche per il fratello gemello di Vindman, Yevgeny Vindman, fino ad oggi consulente legale del consiglio per la sicurezza nazionale.

Intanto già circolano i nomi di chi potrebbe succedere a Mulvaney come capo dello staff. In pole position ci sarebbe il deputato repubblicano Mark Meadows, 60 anni, considerato l’alleato più vicino al presidente in Congresso. Sarebbe lui la prima scelta di Trump, che in queste ore – forse un indizio – lo porterà con sé sul palco di un comizio elettorale in North Carolina. Meadows durante i mesi dell’impeachment è rimasto quotidianamente in contatto con il presidente e godrebbe inoltre del sostegno del genero di Trump, Jared Kushner.

Ma la purga è in realtà già iniziata da qualche tempo nell’amministrazione, ancor prima dell’assoluzione del presidente in Senato. Jennifer Williams, altra testimone alla Camera, ha lasciato da un paio di settimane il posto di consigliere per gli affari europei del vicepresidente Mike Pence. Hanno poi detto addio al Dipartimento di Stato altri testimoni, a partire dall’ex ambasciatrice Usa a Kiev Marie Yovanivitch, andata in pensione prima del previsto. Via anche l’ex inviato speciale Usa in Ucraina Kurt Volker, l’ex ambasciatore Bill Taylor e Michael McKinley, ex consigliere del segretario di Stato Mike Pompeo.

Intanto il presidente americano, nonostante la giornata poco brillante di Wall Street per i timori sull’impatto dell’emergenza virus sul Pil della Cina, incassa un altro mese d’oro per l’occupazione, con i dati di gennaio che parlano di 225 mila nuovi posti di lavoro creati: un boom che va al di là di ogni più rosea previsione e che lascia intravedere altri mesi di crescita per l’economia americana nell’anno delle elezioni presidenziali. E Trump lo sa bene: è questa la vera spinta che può davvero regalargli altri quattro anni alla Casa Bianca.

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